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La crisi dei piloti Usa si abbatte sui big dei voli

Il ceo di United Airlines, Scott Kirby, aveva già lanciato l’allarme poche settimane fa: «I piloti sono e continueranno a essere una grossa limitazione per le compagnie aeree  che devono rispondere alla crescente domanda di voli».

Ora negli Stati Uniti il dibattito sulla carenza di piloti comincia ad assumere toni allarmanti, visto che il governo federale prevede che l’aviazione commerciale avrà bisogno di circa 18mila piloti l’anno.

Inoltre, la società di consulenza Oliver Wyman ha stimato che le compagnie aeree statunitensi dovranno affrontare una carenza di quasi 32mila tra capitani e primi ufficiali fino al 2032, secondo quanto riporta il quotidiano Washington Hispanic.

LE RAGIONI DI UNA CRISI

Conti che non tornano soprattutto per le quattro grandi compagnie aeree statunitensi – Delta, American, United e Southwest che controllano il 75% del mercato domestico – che solo quest’anno dovranno mettere sotto contratto almeno 8mila piloti, circa mille-duemila in più rispetto alla norma.

La “crisi di piloti” oltreoceano, quindi, rischia di essere un ulteriore problema per il recupero del trasporto aereo, dopo il caos voli e aeroporti che ha interessato Nordamerica e Nord Europa durante la summer 2022. Anche in questo caso, però, le responsabilità sembrano ricadere sulle scelte fatte dai vettori durante la pandemia.

Nel biennio 202o-2021, le quattro big dei cieli statunitensi – animate dall’urgenza di tagliare i costi, visti i pochissimi voli operabili – hanno incentivato numerosi piloti ad andare in pensione in anticipo.

A questo si è aggiunto, ora, un ricambio generazionale che vede numerosi piloti raggiungere il limite dei 65 anni, età che sancisce l’obbligatorietà del ritiro dal lavoro per questo tipo di professione. Mancherebbero, però, al momento un sufficiente numero di sostituti pronti a uscire dalle accademie per entrare nel mondo del lavoro dell’aviazione commerciale.

L’ESODO E GLI AUMENTI SALARIALI

Per questi motivi si sta venendo a creare anche un grande esodo di piloti da compagnie aeree più piccole o sussidiarie (vedi American Eagle, United Express e Delta Connection oltre alle low cost domestiche, ndr) verso vettori che offrono salari più alti.

Ma si sta anche scatenando una battaglia a colpi di trattative sindacali tra le stesse grandi sorelle dei cieli Usa che vogliono a tutti i costi evitare un emorragia di personale in questo momento così delicato.

Delta Air Lines e JetBlue, per esempio, si sono affrettate ad aumentare la paga base dei piloti dal 18% e del 21%. Mossa che ha scatenato la reazione dei sindacati dei piloti American Airlines: le sigle dei lavoratori sono da tempo in trattativa con la compagnia aerea per migliorare i salari.

Al momento, però, il dialogo tra le parti è in stallo e un alto rappresentate dei piloti American ha consigliato su Twitter ai propri iscritti di “trasferirsi” in Delta Air Lines, dove le condizioni di lavoro e di paga sono migliori.

Una dichiarazione che mira evidentemente a rasserenare gli animi in vista di quella che potrà convertirsi nell’ennesima grande sfida per il trasporto aereo dei prossimi anni.

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