by Andrea Lovelock | 30 Maggio 2022 13:50
È una Caporetto la mappa del terziario legato al turismo nel post Covid redatta da InfoCamere-Unioncamere. Mentre sul fronte agenzie di viaggi, il nostro Annuario ha certificato la chiusura di circa 1.000 punti vendita[1] (dalle 7.700 del 2019 alle circa 6.700 di quest’anno), la pandemia ha messo ko 8mila bar, 530 strutture alberghiere con il record segnato da Roma che ne ha perse 270, oltre 110 discoteche. In controtendenza i ristoranti passati da quasi 179mila locali di tre anni fa a 197mila di quest’anno.
Tutto ciò a fronte di circa 5 miliardi di euro di contributi a fondo perduto erogati che, solo in parte, e solo nel caso dei ristoranti, hanno contenuto l’emorragia delle queste imprese legate a doppio filo al turismo. L’hôtellerie, comunque, con il suo 55% di strutture di proprietà (dati Federalberghi), ha fatto segnare una tenuta migliore rispetto alle imprese di viaggio che in molti casi han dovuto fare i conti con affitti proibitivi, costringendo i titolari ad abbassare definitivamente le serrande.
Questi dati sono la cartina di tornasole di un’emergenza imprenditoriale a macchia di leopardo per l’intero settore del tempo libero che consta di oltre 352mila imprese e occupa 1,4 milioni di addetti. Una fotografia di cui governo e istituzioni in generale dovrebbero tener conto nei mesi a venire sostenendo le imprese che, sì, ora intravedono la ripresa, ma non hanno di certo ancora coperto i danni economici subiti. In buona sostanza: non saranno certo i 90 giorni estivi di piena operatività a colmare il deficit di entrate accumulato in quasi un anno e mezzo di black out.
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