Draghi contro Draghi. L’appena costituito governo prende il via con una decisione che spacca la maggioranza, oltre ad abbattersi sull’economia turistica: la proroga dello stop delle attività sciistiche amatoriali fino prossimo 5 marzo, data di scadenza dell’ultimo dpcm. La decisione, che arriva a meno di 24 ore dall’annunciata riapertura, è contenuta in un provvedimento del riconfermato ministro della Salute, Roberto Speranza, sulla base delle indicazioni del Comitato tecnico-scientifico. A preoccupare sono le varianti del Covid e i rischi assembramenti in montagna.
Stessi timori che hanno indotto Speranza, a mezzo ordinanza, a estendere le limitazioni all’ingresso di viaggiatori provenienti dal Brasile e l’obbligo di test e isolamento per chi arriva dall’Austria, dove circola la variante sudafricana.
Una decisione drastica quella del ministro della Salute che si accompagna alla sua promessa di «compensare al più presto gli operatori del settore con adeguati ristori».
Sul piede di guerra la Lega con il leader Matteo Salvini che ha subito organizzato un mini summit con i suoi ministri: Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico), Erika Stefani (Politiche della disabilità) e soprattutto Massimo Garavaglia, il nuovo ministro del Turismo, il cui primo compito è stato incontrare sul territorio gli operatori dello sci e del turismo invernale.
«È mancato il rispetto per i lavoratori della montagna», ha detto Garavaglia al termine dell’incontro. E ancora: «La montagna è stata dimenticata, non è arrivato nulla se non qualche briciola. C’è stato un danno provocato da una scelta del governo e i danni vanno indennizzati».
Dura l’Anef, l’Associazione nazionale esercenti funiviari: «Dopo il 3 dicembre, il 7 gennaio, il 18 gennaio e il 15 febbraio, adesso la proroga al 5 marzo. Ormai la stagione è saltata, ci sentiamo presi in giro di fronte a tutto quello che abbiamo speso per l’apertura annunciata, in vista della quale abbiamo assunto altro personale. I ristori siano immediati, altrimenti il comparto va in fallimento. Siamo il settore più penalizzato: da 12 mesi senza un euro di incasso ma con spese e stipendi da pagare. La cassa integrazione è arrivata a dicembre, da luglio lavoravamo per preparare l’inverno».
Forte reazione anche da parte degli albergatori che parlano di “doccia fredda”. «I danni sono drammatici, le aziende del settore si erano preparate alla riapertura, attesa da mesi e annunciata da diverse settimane, con acquisti e l’assunzione del personale», ricorda Maria Carmela Colaiacovo, vice presidente di Confindustria Alberghi, secondo cui «la marcia indietro dell’ultimo minuto con il blocco degli impianti prorogato al 5 marzo, nella pratica chiude con un nulla di fatto la stagione invernale 2020/21 che non ha mai potuto iniziare».
Grande l’amarezza tra le regioni dove l’economia della neve è più sviluppata. Per il presidente della Valle d’Aosta, Erik Lavevaz: «Una chiusura comunicata alle 19 della vigilia dell’apertura, prevista da settimane, dopo mesi di lavoro su protocolli, assunzioni, preparazione delle società, è sinceramente inconcepibile. Pur capendo le motivazioni sanitarie, la procedura non è sinceramente spiegabile e certamente non è un segno di rispetto e di correttezza di tutto il mondo economico che gira intorno alla montagna e allo sci. Sono molto amareggiato».
Su tutti il commento di Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni, che esprime «stupore e sconcerto, anche a nome delle altre Regioni, per la decisione di bloccare la riapertura degli impianti sciistici a poche ore dalla annunciata e condivisa ripartenza».