Se si vuole davvero far crescere il turismo in Italia, allora serve una governance unitaria e l’istituzione di un ministero «autonomo e con portafoglio che garantisca un coordinamento a livello nazionale tra Stato, enti e Regioni». È questa, in estrema sintesi, la base del progetto contenuto nel programma di governo del Movimento 5 Stelle, secondo quanto dichiarato dal candidato premier Luigi Di Maio, intervenuto a Milano alla presentazione della ricerca “Turismo 2030. Come evolverà il turismo nel prossimo millennio”, commissionata dai membri grillini della Commissione Turismo della Camera allo studio De Masi con la collaborazione di undici esperti.
Per Di Maio il turismo italiano necessita di una programmazione a medio-lungo termine e si richiede una capacità da parte delle istituzioni e degli attori dell’intero sistema di raccontare ciò che è davvero il Paese, le bellezze culturali, ma anche tutto quello che è racchiuso nel concetto di made in Italy, “ovvero industria creativa, moda, artigianalità. Certo, resta il rammarico per una compagnia di bandiera che non c’è più e con la quale potevamo andare a prendere i turisti, soprattutto dell’Est, e portarli in Italia”.
Ma la ricetta dei 5 stelle per il turismo prevede anche: sgravi fiscali per le imprese, “imbrigliate nei lacciuoli della burocrazia”, formazione per gli operatori di settore, maggiori investimenti nella sicurezza “per colmare anche il gap tra il nord e il Mezzogiorno”, incentivi alla sostenibilità e all’innovazione tecnologica. E infine “ridiscutere quei vincoli imposti dall’Unione europea in materia fiscale del lavoro ed economica”.
E sono stati molti gli esperti che hanno suggerito l’esigenza di “fare rete” tra le singole istituzioni. Per il 2030 si auspica l’organizzazione di Comuni e realtà locali secondo le forme delle tre P (partnership, pubblico, privato) indicate dalla Unione europea, utilizzando metodologie di governance bottom-up, con i criteri di concertazione sociale, approccio integrato, consenso e adesione volontaria, trasparenza e informazione diffusa e condivisione delle responsabilità.
“Turismo 2030” ci dice anche che l’Italia continua a essere un Paese a forte attrazione turistica nonostante sia al quinto posto nella classifica mondiale degli arrivi e al settimo per fatturato, guadagnando nel 2015 con quasi 51 milioni di turisti stranieri solo 777 dollari per turista, sotto Regno Unito (1.323 dollari con 34,4 milioni di turisti) e Germania (1.054 dollari per 35 milioni di turisti). E, secondo l’Unwto, raggiungendo i 38 miliardi di dollari di introiti complessivi dopo Usa, Spagna, Francia, Regno Unito e Cina. «Dobbiamo essere lungimiranti e strutturare una crescita dei flussi per renderci più competitivi e aumentare l’attuale valore del comparto turistico sul Pil, oggi circa il 10,3%, e l’occupazione a esso legata, che oggi pesa per il 12%», ha sottolineato Gianni Rebecchi, presidente Assoturismo e Confesercenti.
E se come dicono le previsioni del rapporto Unicredit – Touring Club 2017 presentato al convengo, nel 2030 il turismo mondiale interesserà 1,8 miliardi di persone, allora sì che la concorrenza tra i diversi Paesi si farà davvero serrata. Come prepararci quindi? Qualcuno suggerisce di investire soprattutto nelle risorse umane e sui servizi, quali prestazioni e informazioni, che queste possono garantire. Ma andrebbe ripensata anche l’intera “comunicazione Italia” iniziando a veicolare in modo efficace il territorio per la sua attrattività e positività e stimolare la produzione dell’industria culturale anche attraverso produzioni cinematografiche sulla scia di Francia e Stati Uniti. Insomma, l’Italia non è solo Gomorra e la decadenza vista nella Grande bellezza.
Nel 2030 il turismo sarà ancora più esperienziale, di qualità e in grado di attivare sensazioni positive quali quella di libertà. Sarà supportato da un uso crescente della tecnologia e da differenti politiche di marketing che andranno a intercettare i desideri di ciascun singolo viaggiatore per proporre nuove suggestioni tailor made. Il principale medium della comunicazione turistica continuerà a essere il passaparola, più amplificato e virtuale, stimolato dal web e soprattutto da piattaforme sociali e digitali.