by Gabriele Simmini | 21 Luglio 2017 10:03
A 16 anni con Karambola. A 30 con Bravo. A 50, magari, con Francorosso. È la parabola ideale del Gruppo Alpitour. Una fidelizzazione così profonda da accompagnare il cliente, brand dopo brand, dall’adolescenza alla pensione. Dietro questa strategia c’è un vero e proprio dipartimento: il crm e social, dove l’acronimo sta per customer relationship management. E l’obiettivo è seguire, stanare, conoscere a menadito i clienti. Una squadra di dodici persone nata tre anni fa e capitanata da Elena Usilla. È lei la follower numero uno dei follower di Alpitour, a cui il presidente Gabriele Burgio ha affidato un budget sostanzioso: 150-200mila euro per le attività di un solo anno.
Qual è il segreto per una buona comunicazione social nel turismo organizzato?
«Mettendo in risalto quello che il fai da te non ha: contenuti esclusivi, plus, assistenza e garanzia anche per un giovane di 18 anni. Non è vero che i millennial non vogliono la sicurezza di un viaggio o di una vacanza organizzata. Anzi, la maggior parte dei nostri sforzi si concentrerà su di loro».
La divisione Crm punta sui social network, ma non solo…
«L’obiettivo è monitorare i desideri e le aspirazioni dei clienti. Così sono nate le soluzioni che abbiamo proposto nell’ultimo anno: il nuovo programma fedeltà You&Sun, l’app My Alpitour World, il canale Spotify e il lancio del video con gli youtuber di Casa Surace[1]».
È cruciale il passaggio sui big data: come raccogliete ed elaborate i dati dei clienti?
«Per questo ci sono i social: su Facebook abbiamo circa 500mila fan, mentre su Instagram siamo a quota 36mila. Analizziamo sentiment e web reputation dei nostri brand e delle nostre strutture e abbiamo un programma di social caring che punta alla risposta entro massimo due ore per qualsiasi richiesta dei nostri clienti attraverso i social network».
Saprete tutto di tutti ormai…
«È vero, riusciamo a raccogliere molte informazioni sui nostri clienti. I giochi di instant win su Facebook, per dirne una, sono uno strumento facile e intuitivo che ci permette di accedere a numerose informazioni. Sappiamo, per esempio, che un signore di mezza età è restio a rilasciare i propri dati sensibili, a meno che non ottenga un beneficio reale in cambio. I più giovani, invece, hanno un’identità elettronica totalmente libera e aperta, di dominio pubblico. Google sa tutto di loro fin dalla nascita».
Oltre a raccogliere dati, bisogna creare empatia, giusto?
«In un certo senso sì, almeno nella prima fase della conoscenza del nuovo cliente. Poi entrano in ballo i servizi. My Alpitour World è nata come servizio di chat e assistenza, ora è un’app che fornisce informazioni e contenuti a 360° non solo durante, ma anche pre e post vacanza. Spotify, invece, crea un legame più forte con il cliente. Oltre alle sigle e canzoni dei nostri villaggi come Bravo Lounge, Feel Red e Alpi Kids, il canale propone vere e proprie colonne sonore costruite su misura per le nostre destinazioni e per i viaggi più in libertà».
E il video di Casa Surace?
«È stato un esperimento riuscito con già 545mila visualizzazioni. Ma il suo valore più grande è proprio quello di aver proiettato un gruppo di giovani “disorganizzati” dentro un’agenzia di viaggi all’interno un gioco delle parti che sottolinea il valore dell’assistenza e delle competenze. Il video è una narrazione nuova, ancora tutta da esplorare per il mondo del travel, che parla direttamente alle nuove generazioni».
Sempre più vicini al cliente, quindi. La vendita diretta quanto vale?
«Il Gruppo Alpitour fonda il suo fatturato per il 95% sul trade. La volontà, però, è conoscere meglio il cliente sia che vada in agenzia, sia che compri direttamente da noi».
Per avere maggiori dati occorrono più investimenti?
«Sì, ma in questo il management ci supporta. Intanto i nostri obiettivi per il 2018 sono migliorare l’app e crescere sul canale Youtube».
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