L’aeroporto di Dubai riapre (in parte) dopo il nubifragio
Trenta gradi, sole e caldo. Dubai sta tornando alla normalità dopo la tempesta di pioggia e vento di lunedì e martedì che l’ha travolta, così come le aree degli Emirati e l’Oman, e inondata con ben 159 millimetri d’acqua, cioè l’equivalente di un anno e mezzo di precipitazioni, e scavalca l’ondata di maltempo più intensa dal 1949, anno in cui sono cominciate le registrazioni meteorologiche nella città.
Mentre nelle strade si lavora con le pompe per aspirare l’acqua e si contano i danni, ancora sotto i riflettori l’aeroporto di Dubai, uno degli hub più importanti al mondo dove lo scorso anno sono transitati 80 milioni di persone che era rimasto quasi completamento paralizzato dall’inondazione e le immagini degli aerei che pattinavano sulla pista di rullaggio hanno fatto il giro del mondo. Solo ieri erano stati bloccati, secondo i dati Flight Aware, 300 voli da e per l’aeroporto.
Ora, tramite X, la direzione dell’aeroporto avvisa i viaggiatori che «Il check-in per Emirates e flydubai è stato riaperto al Terminal 3. C’è un elevato volume di passeggeri nell’area check-in, quindi ti preghiamo di presentarti al terminal solo se hai una conferma di partenza da parte della tua compagnia aerea. Stiamo lavorando per portarti a destinazione il più rapidamente possibile. Abbiamo ripreso a far atterrare i voli delle compagnie aeree che operano dal Terminal 1. I voli continuano a subire ritardi e interruzioni, quindi ti invitiamo a venire al Terminal 1 solo se hai una prenotazione confermata. Contatta la tua compagnia aerea per le informazioni più recenti sullo stato del tuo volo».
Situazione, quindi, ancora non risolta del tutto e polemiche sempre più crescenti sulla causa di tanta pioggia che, secondo più di qualcuno, si potrebbe attribuirsi al fenomeno del “cloud seeding“, il bombardamento delle nuvole tramite droni con cristalli di ghiaccio per creare pioggia artificiale, che da un po’ gli Emirati praticano “allegramente“.
Il Centro nazionale di meteorologia dell’Emirato, secondo quanto riferisce l’agenzia Bloomberg, ha dichiarato di aver effettuato proprio operazioni di “cloud seeding” il 14 e 15 aprile, ma non il 16 aprile, il giorno dell’alluvione. Il centro meteorologico non ha confermato l’informazione ad altri media. Quindi, questa tecnica è stata utilizzata alla vigilia del nubifragio. Meno chiaro è in quale misura abbia contribuito alla quantità inedita di pioggia caduta.