Capire i Millennials (22-37 anni) e i Centennials (8-21 anni) per approntare le strategie mirate e finalizzate a intercettarli come clienti per la filiera turistica. Due generazioni che, solo in Nordamerica, equivalgono a circa 60 milioni di potenziali viaggiatori. È la premessa della ricerca condotta da Roberto Gentile, per conto di Fiavet e dell’Ente Bilaterale Nazionale del Turismo, affinché le agenzie di viaggi possano continuare a presidiare il mercato con strumenti innovativi, in linea con l’ondata tecnologica che ormai impera tra i giovani.
«L’obiettivo – ha detto il presidente di Fiavet, Ivana Jelinic – è leggere bene il presente per cavalcare al meglio il cambiamento del futuro, che è già una realtà per molti aspetti della vita quotidiana, anche nel lavoro d’agenzia che ormai si compie sfruttando le molteplici opzioni del mobile, strumento indispensabile sia per gli adv che per i clienti».
Secondo Gentile, stando alle ricerche più avanzate svolte negli States, le attuali strutture del tour operating italiano, ma anche di tutta la filiera del turismo organizzato, fra meno di dieci anni non avranno più ragione d’essere. E non servirà immettere nelle aziende tradizionali giovani “connessi” con le loro generazioni, semplicemente perché a essere vincenti saranno le nuove aziende, create dai Centennials stesso per dialogare con i loro coetanei e potenziali clienti.
«L’aspetto distintivo dei Centennials – ha evidenziato Gentile nella ricerca – è quello di essere nativi digitali, non avendo conosciuto un mondo senza internet. Sono quindi avvezzi all’uso della tecnologia e dei social media, che incidono per una parte significativa nel loro processo di socializzazione. Essendo i primi veri nativi digitali, la Gen Z dei Centennials, infatti, ha conosciuto il mondo solo tramite touch screen, social media e app. Di questo mondo, in migrazione dall’analogico al digitale, YouTube è stato il canale di riferimento, il ché stabilisce chi merita di essere considerato un modello al quale ispirarsi e chi no».
Ma quali sono le differenze tra le due più recenti generazioni? «Mentre i Millennials sono spesso stereotipati come selfie-generation, in realtà sono leggermente più conservativi della Gen Z, in relazione ai comportamenti digitali. Il 72% dei Centennials visita YouTube ogni giorno, contro il 52% dei Millennials. Trascorre davanti alla televisione un tempo inferiore ed è migrato dalla TV generalista (quella dei broadcaster mainstream come Nbc, Bbc o Rai) allo streaming di Netflix o Amazon Prime Video e Apple TV. La Gen Z, di fatto, è afflitta da Fomo – Fear of Missing Out, ovvero la paura di restare senza connessione, e ha una soglia di attesa massima di 8 secondi,quando apre la schermata di un sito o di una app (i Millennials pazientano fino a 12 secondi).»
Riguardo poi alle attuali aspettative dei Millennials, ovvero la generazione che si è già affacciata al mondo del lavoro, c’è una crescente affezione per lo smart working e per il lavoro da casa che, con la costante connettività garantita dagli strumenti hi-tech, può ben sostituirsi ai canonici orari di lavoro ai quali siamo abituati, economizzando anche sugli spostamenti di lavoro quotidiani. E non è vero che questa generazione non ha voglia di lavorare, è vero che vuole lavorare in modo diverso, secondo i tempi e le modalità dettate dall’attuale quotidianità, sempre connessa e quindi sempre più social.
Secondo i recenti studi, poi, il 70% dei Millennials sarebbe ben felice di lavorare per una startup, senza comunque trascurare gli aspetti del welfare; così come per loro non è il nome o il brand di un’azienda a pesare nelle scelte di lavoro, il ché ricalca la tendenza che prevede, da qui al 2050, un abbassamento vistoso dei valori attuali di fedeltà ai grandi brand. Dunque lavoro sì, ma con meritocrazia e nuove modalità operative anche per piccole e medie imprese.
Da qui la necessità di attrezzare il comparto del turismo organizzato per intercettare al meglio queste due generazioni e una delle modalità è sicuramente quella di percorsi formativi ad hoc, come ha spiegato Stefano Frantoni, presidente dell’Ebnt: «Una volta riscontrato uno scarto tra formazione generale e quella mirata, abbiamo approntato un confronto con operatori e imprese e abbiamo organizzato già per l’immediato futuro 12 corsi di formazione per altrettanti profili professionali che sono poi quelli indicati dalle stesse imprese».
A conclusione della ricerca, Jelinic ha sottolineato che «per l’agenzia di viaggi del 2030 esisterà ancora uno spazio fisico, ma dovremo ripensare completamente l’approccio alla clientela, gestendo le pratiche con lo smartphone e adottando quelle relazioni social che occorrono per rimanere sul mercato e farsi scegliere dai viaggiatori delle nuove generazioni. Probabilmente, come ipotizza qualcuno, il numero di adv scenderà in Italia a 5mila imprese, ma saranno certamente agenzie di alto profilo, iperconnesse e in grado di dare soluzioni di viaggio in linea con i bisogni, i desideri dei turisti di domani».
Una’ulteriore selezione naturale che sarà dettata dal mercato e non da fattori meramente economici.