Altro che ripartenza. Oltre 200 gestori alberghieri indipendenti alzano bandiera bianca e lanciano un grido di allarme univoco al ministro Mibact Dario Franceschini. Gli operatori di hotel e villaggi di tutta Italia e più di 20 società che gestiscono dalle sei alle 15 strutture ricettive – tra cui Garibaldi Hotels, Buone Vacanze, Allegroitalia, Futura Gestioni, Apulia Hotels, GreenBlu, Class Hotel e molti altri, che rappresentano il 40% del mercato alberghiero italiano –manifestano al ministro l’enorme preoccupazione per le misure inserite nella bozza del decreto maggio e adesso rinominato “Riparti Italia”, giudicate inconsistenti e pericolose per il settore. Con i fatturati che hanno subito gravi perdite a causa dell’emergenza Covid-19, infatti, le soluzioni paventate dal governo sul nodo locazioni e affitti d’azienda risultano inaccettabili e minano il futuro di molte società.
«Abbiamo dato tutto il tempo necessario all’esecutivo sperando in un supporto concreto – dichiara Fabrizio Prete, direttore generale di Garibaldi Hotels – E ci troviamo adesso a ridosso della stagione estiva con delle ipotesi del tutto inopportune che non permetteranno di affrontare le aperture stagionali, ma neanche di sostenere l’impatto determinato dal Covid-19 nel futuro delle aziende. Infatti la proposta del credito d’imposta del 60% sul canone annuo di affitto è una soluzione inadeguata, frutto della conoscenza superficiale del settore e della sua operatività o della esplicita volontà di preferire e difendere le rendite dei proprietari degli immobili anziché tutelare l’impatto economico, visto l’ormai nota incidenza sul Pil, ma soprattutto sociale, considerato il numero delle persone occupate, del supporto alla valorizzazione delle bellezze paesaggistiche e storiche della nostra nazione, delle attività imprenditoriali dedite alla gestione di immobili che altrimenti non avrebbero senso di esistere».
La nota aggiunge che «da quanto emerge nella bozza del decreto, i gestori sarebbero costretti a pagare comunque l’intero affitto previsto dai contratti di locazione o di affitto d’azienda, senza possibilità di prevedere un aiuto finanziario che possa permetterne il pagamento (vista l’attuale crisi di liquidità data la totale inattività imposta fino a oggi che rende impossibile anticipare queste somme) e senza alcuna tutela rispetto alla possibilità che il proprietario possa richiedere la risoluzione del contratto nel caso l’affitto non venga pagato secondo quanto stabilito da contratto».
L’approssimativa misura contenuta nella bozza del decreto viene commentata anche da Franco Falcone, presidente di Buone Vacanze che osserva: «Tutti i contratti commerciali nazionali e esteri sono stati annullati cosi come gli acconti stabiliti, le caparre versate dai clienti restituite con un quadro finanziario aziendale irreversibile».
È proprio l’aspetto finanziario a destare le maggiori preoccupazioni: i gestori ritengono impraticabile l’applicazione del decreto liquidità, ormai demandata alle banche, le quali difficilmente finanzieranno aziende appartenenti a un settore dichiaratamente tra i più colpiti da questa emergenza sanitaria/economica riconoscendolo ad alto rischio. Inoltre, la bozza del decreto non prevede alcun meccanismo relativo all’utilizzo del credito d’imposta sia per quanto riguarda la tempistica (cioè se bisogna aspettare la fine dell’anno per poter accertare il credito o se può essere fatta su base mensile già dal 2020) né sulle modalità.