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L’anno del turismo delle radici: «Chi ha origini italiane è cool»

turismo delle radici

Siamo nell’anno del turismo delle radici, un mercato che coinvolge tanti viaggiatori internazionali, pronti a visitare parenti e amici in Italia. Un turismo che, secondo gli ultimi dati di Banca d’Italia, restituisce una crescita del +59,4% di viaggiatori (9,9 milioni), del +59% di spesa (6,7 miliardi di euro) e del +29,7% dei pernottamenti (78,6 milioni).

Il tema è stato al centro del convegno internazionale “Il turismo delle radici: una cultura identitaria”, organizzato dall’associazione Italian in Italy.

Secondo la Federazione Italiana Emigrazione-Immigrazione, il numero dei discendenti di emigrati italiani nel mondo è stimato fra i 60 e gli 80 milioni. La presenza di italiani nel mondo è soprattutto di origine meridionale (2,6 milioni, pari al 48,1% del totale). Questi emigrati e i loro discendenti rappresentano un enorme potenziale in termini di domanda turistica

Ivana Jelinic, ceo di Enit, ha ricordato il cambiamento che ha subito questo segmento di turismo e il percorso che ha portato l’Agenzia Nazionale del Turismo a proclamare il 2024 quale anno del Turismo delle radici. «Il turismo delle radici, la lingua, la cultura, l’identità italiana fanno parte di un unico grande bacino mondiale nel quale alcuni Paesi, come l’Argentina, sono protagonisti, anche per le successive generazioni.  Da questa intuizione – ha sottolineato Jelinic – abbiamo iniziato un percorso che è giunto oggi all’anno del Turismo delle radici, un progetto sul quale il ministero degli Esteri ha destinato investimenti importanti anche nel terzo settore».

Il mercato di questo turismo è dislocato nei cinque continenti con caratteristiche estremamente diverse, ma con un fattore comune: l’appartenenza a una cultura italiana. «Sono persone che si stanno riappropriando della lingua –  ha ricordato Jelinic –  mandano i loro figli in Italia a studiare e percepiscono come disvalore  la perdita delle proprie radici. Mutato anche lo status di italianità in Paesi come gli Stati Uniti, dove essere di origine italiana è diventato molto “cool”.  Bisogna considerare che c’è una percezione dell’Italia  completamente diversa dalla nostra: siamo all’estero il Paese più desiderato dai turisti  e per questo segmento registriamo un valore di appartenenza, per riscoprire luoghi fuori dal turismo di massa, iconici, dove ritrovare la storia dei propri avi».

Spesso i punti di origine dell’emigrazione non sono infatti le destinazioni segnate dall’overtourism, ma piccoli borghi, dove il turista delle radici si attende proposte diverse. Le richieste sono tra le più varie e anche le guide dovrebbero prepararsi alle esigenze di questa domanda, come ad esempio la ricerca della tomba degli avi, del registro dei battesimi, del rudere della casa dei nonni. L’offerta deve dunque dare degli indirizzi per questo tipo di turismo che possano poi trasformarsi in economia reale.

Pina Foti, presidente dell’associazione Italian in Italy, ha sottolineato l’importanza delle scuole di lingua italiana, in cui il numero di studenti stranieri che effettuano soggiorni studio si fa sempre più importante. «Nelle scuole abbiamo soprattutto studenti italo-discendenti, un potenziale enorme se pensiamo che dal 1850 abbiamo avuto 30 milioni di italiani che sono emigrati e oggi ci troviamo alla quarta e quinta generazione».

Esiste quindi un turismo idiomatico, considerando che ci sono più di 2 milioni di persone che vengono in Italia per imparare l’italiano e portano con loro, per un soggiorno, anche i parenti. «Un patrimonio economico importante – ha osservato Foti – un valore che andrebbe promosso meglio anche nelle Apt italiane».

Infine sono molti gli italiani all’estero che vengono in Italia per corsi di enogastronomia e moda, o quelli che scelgono di sposarsi nei luoghi di origine della famiglia. Dal convegno emerge che questo turista  è un repeater, un potenziale investitore, ma soprattutto un inseguitore di ricordi per il quale il viaggio in Italia è un’esperienza epifanica, per questo è necessario creare itinerari e ridare identità alle comunità locali con investimenti anche infrastrutturali.

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