L’autonomia differenziata è legge:
le insidie per i trasporti (e il turismo)
Mai nascita fu più chiacchierata della legge sull’autonomia differenziata, provvedimento finora noto come ddl Calderoli, approvato poche ore fa in Parlamento e costituto da 10 articoli contenenti le modalità con cui le regioni potranno chiedere e ottenere di gestire in proprio alcune delle 23 materie su cui al momento la competenza è soprattutto dello Stato centrale.
Insieme alle competenze, le Regioni potranno anche trattenere il gettito fiscale, che non sarebbe più distribuito su base nazionale, a seconda delle necessità collettive. È bene ricordare che si tratta di una legge puramente “procedurale”, ma si avverte una sorta di stato confusionale che certo non giova.
Tra le materie che le Regioni potrebbero richiedere di gestire, oltre a Salute, Istruzione, Cultura, Commercio estero, Sport Ambiente, Energia, figurano anche i settori dei Trasporti e «implicitamente» – così dicono le nostre fonti – del Turismo. E sul totale, 14 sono le materie considerate più delicate e dunque “garantite” dai Lep, ovvero i Livelli essenziali di prestazione. Inoltre, c’è un distinguo che vale la pena menzionare: la concessione di una o più forme di autonomia è subordinata alla determinazione dei Lep, ovvero i criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere assicurato in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. La determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, e quindi dei Lep, avverrà a partire da una ricognizione della spesa storica dello Stato in ogni Regione nell’ultimo triennio.
Ci sono poi i principi per il trasferimento delle funzioni alle singole Regioni: l’articolo 4 della legge stabilisce, infatti, che sarà concesso solo successivamente alla determinazione dei Lep e nei limiti delle risorse rese disponibili in legge di bilancio. Dunque senza i Lep e il loro finanziamento, che dovrà essere esteso anche alle Regioni che non chiederanno la devoluzione, non ci sarà autonomia.
La cosiddetta cabina di regia sarà composta da tutti i ministri competenti, assistita da una segreteria tecnica, collocata presso il Dipartimento per gli Affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio, e dovrà provvedere a una ricognizione del quadro normativo in relazione a ciascuna funzione amministrativa statale e delle regioni ordinarie, e all’individuazione delle materie o ambiti di materie riferibili ai Lep sui diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale.
Fin qui la legge, ma cosa cambierà? Innanzitutto c’è da dire che la strada per il trasferimento di competenze alle Regioni che beneficeranno di questa autonomia è lunghissima e tra l’altro non è nemmeno tracciata nel dettaglio. Inoltre, c’è la condizione posta dei Lep, ovvero l’obbligo di subordinare la concessione di competenze alla determinazione dei livelli essenziali di prestazione concernenti i diritti civili, sociali e le prerogative degli enti locali. E proprio per materie come i Trasporti, così come Salute, Ricerca scientifica, Sicurezza sul lavoro, ci sono forti vincoli, e un percorso tutto da verificare.
Basti pensare al Piano nazionale del sistema aeroportuale e alle grandi reti di trasporto nazionale e di navigazione, dove è improponibile un conflitto di competenze che potrebbe rallentare la sua realizzazione. In altre parole questa nuova regolamentazione sull’autonomia differenziata dovrà passare tanti esami e nessuno ad oggi è in grado di valutarne le tempistiche, ma soprattutto il reale impatto nei vari settori coinvolti.
Per la deputata del Movimento 5 Stelle, Emma Pavanelli, che ha seguito da vicino l’iter di questa legge e fa parte della Commissione Attività produttive, «c’è tanta confusione intorno a una legge che rischia di generare un corto circuito con altre misure di carattere nazionale. Pensiamo soltanto al comparto dei Trasporti, con i porti e i loro interessi, ad esempio nel segmento crocieristico, dove si devono spesso siglare accordi con operatori impegnati a presidiare network interregionali; oppure agli aeroporti che dovrebbero essere coinvolti in un Piano nazionale strategico, privilegiando gli hub e l’intermodalità con la ferrovia. Se alcune Regioni pretenderanno di regolamentare in autonomia questo settore, così come quello turistico, ci troveremmo di fronte a conflittualità dannose, come ad esempio la classificazione alberghiera o ancora i progetti per il turismo sostenibile e accessibile, per non parlare dei Cammini, che coinvolgono vari territori di più regioni. Tutto questo potrebbe generare solo caos».
«A dire il vero – prosegue l’esponente dell’opposizione – nemmeno tra i deputati che hanno votato questa legge c’è contezza di quel che vuol dire l’autonomia differenziata e cosa può provocare. Tra l’altro anche il passaggio cruciale dei Lep è fumoso, poiché né il ministro, né i fautori della legge, hanno saputo chiarire in Commissione quanto costerà allestire questi strumenti. A dire il vero in Parlamento circola l’indiscrezione che non ci sarebbero nemmeno i soldi per finanziarli. A conti fatti, è una legge nata in fretta, che rischia di rompere equilibri nazionali e di gravare, a livello di costi, sulla collettività.»