by Caterina Claudi | 24 Marzo 2017 11:00
Voucher addio. E ora? Il decreto legge 25 del 17 marzo, con i suoi tre scarni articoli, ha cancellato con un colpo di spugna la normativa sul lavoro occasionale e sul suo metodo di pagamento: un’azione veloce e senza contraddittorio con lo scopo ultimo di evitare il confronto del referendum, che non ha tenuto conto degli effetti collaterali sul mercato del lavoro.
E se è pur vero che all’articolo 1 si stabilisce che i voucher già in possesso di aziende o famiglie possono essere utilizzati sino al 31 dicembre prossimo, non è così certo che questo non provochi problemi. La Fondazione Studi dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha affrontato il problema di diritto intertemporale che deriva da questa abrogazione.
Di fatto, si cancella anche la norma che disciplina gli aspetti essenziali del lavoro accessorio: definizione, campo di applicazione, sanzioni, aspetti previdenziali. Detto ciò, anche se i voucher potranno essere utilizzati ancora per i prossimi nove mesi, la criticità risiede nel fatto che si mantiene un metodo di pagamento per gestire un rapporto di lavoro privo di una disciplina propria. Infatti nel dl 25/17 manca un articolo che disponga l’applicazione delle norme sul lavoro occasionale fino al 31 dicembre, data ultima in cui i voucher possono essere utilizzati.
Che la criticità sia reale lo dimostra il comunicato con cui il ministero del Lavoro “chiarisce che l’utilizzo dei buoni per prestazioni di lavoro accessorio, nel periodo transitorio sopra ricordato, dovrà essere effettuato nel rispetto delle disposizioni in materia di lavoro accessorio previste nelle norme oggetto di abrogazione da parte del decreto”.
Nota ministeriale a parte, i dubbi restano: la comunicazione preventiva che l’impresa doveva presentare prima dell’inizio della prestazione andrà fatta? O no? L’unica cosa che ci si può augurare è che, in fase di conversione del decreto legge, ci possa essere un confronto costruttivo che porti a un testo migliore e comprensivo delle norme da applicare nel periodo transitorio. Il consiglio è di continuare a effettuare la comunicazione preventiva prima dell’utilizzo dei voucher, a scopo puramente cautelativo.
Ma senza i voucher che alternative possono avere le aziende che devono gestire il lavoro occasionale? Al momento nessuna. Forse soltanto il ricorso al contratto per lavoro intermittente, con tutte le limitazioni del caso e soprattutto con un incremento dei costi.
Di cosa si tratta? Il contratto di lavoro intermittente o a chiamata è un contratto, a tempo determinato o indeterminato, con cui un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo e intermittente, secondo i limiti stabiliti dalla legge.
Nel Jobs Act è previsto che questo contratto può essere utilizzato anche per “periodi di durata significativa”, non superiori a 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di un triennio solare, per ciascun lavoratore col medesimo datore di lavoro. In caso di superamento del limite, il rapporto di lavoro diventa a tempo pieno e indeterminato.
Il vincolo temporale delle 400 giornate non riguarda i settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. E a una prima lettura potrebbe essere la soluzione da adottare soprattutto in ambito turistico, ma bisognerà tenere conto dei maggiori costi da sostenere e dei vincoli che la normativa pone in relazione alle persone con cui poter instaurare il contratto.
Il contratto a chiamata prevede, a carico del datore di lavoro, l’obbligo di versare i contributi previdenziali ordinari calcolati sulla base delle ore di lavoro effettuate dal lavoratore assunto con il contratto a chiamata. Inoltre il lavoratore ha diritto alle mensilità aggiuntive, a ferie e permessi retribuiti e matura il Tfr per le ore di lavoro effettuate.
Limiti di età: il contratto può essere stipulato con soggetti fino a 25 anni di età o con più di 55 anni, anche pensionati. Nel primo caso tutte le attività lavorative dovranno cessare prima del compimento del 25esimo anno di età
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