Le ripresa delle terme e il dilemma della redditività: il report Pambianco

Le ripresa delle terme e il dilemma della redditività: il report Pambianco
23 Novembre 12:52 2022 Stampa questo articolo

Lenta ripresa per l’ospitalità termale con bilanci 2021 che rivelano una inattesa “relazione inversa” fra dimensione e redditività, ovvero le aziende che hanno volumi di fatturato superiori nel 2021 compaiono tra le ultime nel ranking per Ebitda margin. È quanto accertato dal report Pambianco sull’hôtellerie termale dal quale emerge che il 2021 è stato comunque un anno di crescita per il comparto, anche se per molti ancora sono lontani i volumi del 2019.

Il ranking per fatturato 2021 elaborato da Pambianco mostra infatti tutti segni più davanti ai dati depositati in Camera di Commercio o raccolti da Pambianco Hôtellerie direttamente dalle società: il campione comprende sia aziende termali pubbliche sia gruppi privati dell’ospitalità con alberghi e impianti dotati di acqua termale.

Anche Qc Terme rientra nell’analisi in quanto cinque strutture della catena sono alimentate con acqua minerale per la balneoterapia termale, e precisamente Bagni Vecchi e Bagni Nuovi di Bormio, San Pellegrino, Dolomiti e Pré San Didier.

Il Gruppo fondato dai fratelli Andrea e Saverio Quadrio Curzio rimane, anche nel 2021, in pole position nella top ten con un fatturato di 54 milioni di euro, in crescita del 48% sul 2020. Seguono Terme e Grandi Alberghi Sirmione in seconda posizione, a 27 milioni, (+58%) e in terza si trova Ihc Italian Hospitality Collection a 26 milioni (+66%), che comprende le terme toscane di Fonteverde, Bagni di Pisa e Grotta Giusti.

Dall’analisi dei fatturati 2021 si nota che tutti crescono a due e anche a tre cifre sull’anno precedente, eppure la maggior parte di questi è ancora lontana dai risultati del 2019. Le uniche eccezioni nel ranking sono quelle di Hotel Adler Thermae che supera con oltre 19 milioni di euro il fatturato 2019 (18 milioni), di Terme di Saturnia che genera quasi 19 milioni nel 2021 contro 17 milioni nel 2019 e infine di Acqua e Terme Fiuggi che ha totalizzato 18 milioni l’anno scorso contro i 17 del pre-pandemia.

La seconda deduzione che emerge dalla top ten è che i volumi crescono soprattutto nelle realtà che differenziano l’offerta, cioè non solo trattamenti termali ma anche una serie di servizi accessori cioè: ospitalità, fitness, wellness, ristorazione e proposte sul territorio. Infine, va ricordato che l’anno scorso è stato lanciato il Bonus Terme, stanziato dal Mise, che ha messo un po’ di carburante nei motori del comparto termale italiano, e per il quale l’intervento del Governo è stato di 53 milioni di euro. Il bonus ha ricevuto il plauso di associazioni e aziende, anche se, nei dettagli, ha sollevato diverse critiche.

Se si passa ad osservare il ranking per redditività, risulta però evidente come i gruppi con maggiori dimensioni a livello di fatturato non compaiono nella top 5 dei primi player termali per ebitda margin, indice che calcola la percentuale della gestione operativa sul fatturato. Il primo per redditività nel 2021 è Hotel Adler Thermae che ha un margine operativo lordo del 40%, mentre in termini di fatturato il gruppo si posiziona a livello intermedio, essendo il quinto della top ten.

Segue nel ranking per Ebitda margin Hotel Terme Mioni Pezzato Prima (35%), che è addirittura nell’ultima posizione della classifica per fatturato, mentre Aquardens conquista il terzo livello con margine operativo lordo al 33%, e si situa in nona posizione nella top ten dei ricavi 2021. Hotel Terme Merano è al quarto posto per redditività (28%) e all’ottavo per turnover, e Terme di Saturnia al quinto ‘scalino’ della classifica per ebitda margin (28%) e al sesto di quella per fatturato.

Le ragioni di questa disparità sono molteplici e possono riguardare lavori di ristrutturazione che sono stati portati avanti soprattutto dalle grandi strutture andando a pesare sulle spese, mentre penalizzate risultano anche le realtà a partecipazione pubblica che spesso hanno spese aggiuntive per assunzione di personale, pubblicità e promozione del territorio. I grandi gruppi hanno anche costi fissi elevati e minor flessibilità delle strutture singole nella gestione dei tagli.

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