by Paola Camera | 13 Ottobre 2021 7:00
C’è la luce in fondo al corridoio, ma alcuni tratti sono rimasti bui. La tanto agognata ordinanza sull’istituzione dei corridoi turistici ha finalmente sancito il ritorno “legale” del turismo di lungo raggio[1], ma nel coniugare le esigenze di massima attenzione espresse dal governo con quelle di assoluta necessità di ripartire manifestate dal settore, ha lasciato qualche dubbio ancora da chiarire.
«Come tavolo tecnico abbiamo chiesto approfondimenti (faq) su alcune zone grigie dell’ordinanza e del protocollo allegato: dai minori non ancora vaccinati, all’interpretazione del concetto dei 7 giorni/7 notti, ai viaggi combinati, al rimpatrio sanitario protetto, al meccanismo per evitare la quarantena al rientro in Italia – spiega Flavia Franceschini, direttore generale Astoi – Senza dubbio uno dei temi prioritari è quello relativo all’obbligo della vaccinazione per i dipendenti delle strutture in loco, che si scontra con l’esistenza o meno di una norma che imponga quest’obbligo nel Paese verso cui sono stati attivati i corridoi. Per risolverlo, si può consentire di effettuare un tampone periodico ai dipendenti».
Un altro punto un po’ sfocato riguarda il «capire quali operatori turistici siano in grado di gestire i corridoi – prosegue – e su questo l’ordinanza mette in evidenza il fatto che si debba essere in grado di verificare effettivamente quanto previsto dai protocolli, ed è chiaro che ciò rientra in modo fisiologico nell’attività di tour operator e agenzie di viaggi».
Sempre di natura organizzativa il primo dei due temi messi in evidenza dalla presidente di Fiavet Nazionale, Ivana Jelinic: «Quali requisiti dobbiamo seguire se nella destinazione le norme sanitarie locali sono differenti da quelle italiane? Saremmo orientati a rispondere tutti e due, quelli del Paese ospitante e quelli richiesti per i viaggi in sicurezza dal nostro governo. Il nostro compito di operatori sarà, appunto, quello di selezionare i fornitori giusti, senza però prenderci responsabilità che non sono nostre. Il timore è quello di un riverbero in termini di corresponsabilità con i fornitori locali da cui dobbiamo tutelarci, magari chiedendo una lettera o un documento in cui la struttura ricettiva o il vettore e l’agenzia locali assicurino il rispetto degli standard. È un aspetto delicato, vorremmo evitare che i clienti tornino in Italia e trovino appiglio per portarci in tribunale».
C’è poi la questione tamponi: quello per i soggiorni superiori ai sette giorni, quando bisogna farlo? «La nostra risposta è che si può far coincidere il tampone diciamo intermedio con quello delle 48 ore prima del volo di ritorno», ha concluso la presidente Fiavet.
Altri i dubbi rappresentati da Enrica Montanucci, presidente di Maavi, che si è soffermata sui viaggi con i bambini e sulla possibilità di fare combinati. «Due temi su cui chiediamo che vengano espressi chiarimenti, anche se le risposte sono abbastanza deducibili – ha detto – Il primo è se i bambini sotto i 12 anni possano viaggiare anche se non vaccinati. La risposta che diamo per scontata è “sì”, anche se vorremmo che venisse esplicitata. Stessa cosa per quanto riguarda i viaggi combinati che, vista la possibilità di fare un solo scalo tecnico, sembrerebbero esclusi se toccano mete della lista C dei Paesi proibiti. Vorremmo solo che venisse scritto».
Ma poi, tutte queste regole serviranno davvero quando gli italiani incontreranno turisti di altri Paesi che non hanno gli stessi obblighi? Dubbio legittimo sollevato da Assoviaggi, nella persona del presidente Gianni Rebecchi: «Dobbiamo allinearci al resto d’Europa, i nostri adv e t.o. devono gestire protocolli severi il cui prezzo causa disparità nella concorrenza. Dobbiamo snellire le procedure come negli altri Paesi Ue. Tutti questi tamponi complicano le procedure, tenendo poi conto che si parla solo di persone vaccinate».
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