I numeri di un’ecatombe. Sono quelli appena pubblicati dall’Istat nel suo Conto satellitare del turismo per l’Italia del 2020, che era stato anticipato dai dati – altrettanto negativi – sul fatturato dei servizi.
Vediamoli nel dettaglio. L’istituto di ricerca registra una contrazione di 50 miliardi di euro di spesa turistica degli italiani (di cui 26 legati ai soli viaggi all’estero), un calo di 207 milioni di presenze di stranieri in Italia e una flessione del 31,5% del valore aggiunto turistico.
In termini di presenze, gli stranieri in Italia (inbound) sono stati il 54,6% in meno rispetto al 2019, con una spesa turistica pari a 23,7 miliardi di euro, in calo di circa 35 miliardi di euro rispetto ai livelli dell’anno precedente. Questa contrazione è stata in buona parte controbilanciata da una altrettanto drastica riduzione dei flussi turistici italiani verso l’estero (outbound) che, in termini di presenze, si sono ridotti del 54,1%, con un livello di spesa di 13,7 miliardi di euro (-65,7% rispetto all’anno precedente).
“Le limitazioni alla circolazione dei movimenti turistici, come conseguenza non solo delle misure sanitarie ma anche come scelta individuale dettata dal timore del contagio – scrive l’Istat – hanno quindi contribuito a trasformare parte dei flussi turistici outbound in flussi domestici, per i quali il calo dei pernottamenti è stato del 32,2%”. Dunque, è rimasta in Italia parte della spesa turistica destinata negli anni precedenti all’estero contribuendo a frenare la diminuzione complessiva del consumo turistico interno.
Con 63,7 miliardi di euro di consumo turistico interno in meno rispetto all’anno precedente, il valore aggiunto turistico (Vat) direttamente generato dalla domanda dei visitatori si è fermato, nel 2020, a 67,6 miliardi di euro, il 4,5% del valore aggiunto totale e il 4,1% del Pil. Tale calo ha interrotto bruscamente una tendenza crescente, portando il valore aggiunto turistico a livelli molto inferiori rispetto a quelli del 2010 (circa 80 miliardi di euro). La riduzione del valore aggiunto turistico (-31,5%) conseguente al crollo del flusso dei visitatori ha colpito soprattutto i settori di agenzie di viaggi e tour operator, dei servizi culturali, sportivi e ricreativi (-55%) e della ristorazione (-52,7%).
La diminuzione più contenuta del settore ricettivo (-18%) è il risultato di una caduta del settore alberghiero controbilanciata dalla tenuta della componente derivante dall’uso in proprio delle seconde case.
Gli effetti della crisi sanitaria hanno portato a riduzioni del consumo turistico e del valore aggiunto turistico rispettivamente del 39,2% e del 31,5%.
In totale, nel 2020, l’Italia ha perso 115 miliardi di euro di valore aggiunto rispetto al 2019, cui il turismo ha contribuito per il 27,1%, con una perdita complessiva di 31,1 miliardi di euro.
Per Franco Gattinoni, presidente di Fto – Federazione Turismo Organizzato, «siamo di fronte a un’ecatombe. I dati odierni dell’Istat sul settore turistico nel 2020 parlano chiaro. E purtroppo il 2021, a dispetto di certe narrazioni ottimistiche, non va molto meglio. Anzi, di questo passo il segmento del turismo organizzato, in particolare, riuscirà addirittura a far peggio, in termini di fatturato, del pur tragico 2020».
«Le anticipazioni diffuse oggi da Istat sul Conto Satellite del Turismo 2020 riportano alla luce la drammaticità della crisi che il settore ha vissuto in questi mesi, confermando le analisi che avevamo condotto e la debolezza degli interventi di sostegno rispetto a un quadro così difficile. Quanto registrato questa estate è una ventata di ottimismo che ci lascia ben sperare. Certamente i risultati ottenuti e quello che prevediamo per i prossimi mesi non potrà cancellare 14 mesi di fermo pressoché totale di tutte le attività», è il commento di Maria Carmela Colaiacovo, presidente di Confindustria Alberghi.