L’estate vista da Isnart: -6,5 milioni di italiani in vacanza
Magrissimo, com’era prevedibile, il bottino del turismo italiano nell’estate del Covid: solo il 60% degli italiani è andato in vacanza contro il 75% dello scorso anno. Lo segnala una ricerca dell’Isnart-Unioncamere che evidenzia come a frenare la voglia di svago di 6,5 milioni di nostri connazionali è stata la paura del contagio (che ha inciso nel 44,3% dei casi) o le difficoltà economiche (27%). Chi comunque ha fatto le valigie e si è ritagliato un periodo di break, ha scelto prima di tutto il mare e le bellezze di Puglia, Campania, Sicilia e Calabria.
Un italiano su tre, però, ha “riscoperto” la varietà delle nostre aree interne, premiando l’offerta naturalistica e sportiva di Umbria, Abruzzo, Molise e Toscana; e questo ha prodotto un aumento del 5% del turismo “domestico”, che però non è riuscito a ribaltare il bilancio comunque negativo della stagione estiva di un settore che, secondo le stime di Banca d’Italia, era arrivato a valere direttamente il 5% e indirettamente il 13% del Pil. A pesare, infatti, non è stato soltanto il crollo del turismo straniero, ma anche il calo della spesa pro capite dei turisti, che si sono spesso accontentati di soggiorni più brevi rispetto al passato.
Ancora più magro e deludente il risultato dei bonus vacanze richiesti da 7,4 milioni di italiani, pari al 16% del totale. E nel periodo estivo se ne è avvalso poco più del 40% dei richiedenti, altrettanti ne rinvieranno l’utilizzo ai prossimi mesi a fronte di una quota residuale che resta incerta.
E la stragrande maggioranza (96%) dei connazionali che son riusciti a far vacanza ha preferito soggiornare in una destinazione domestica. Oltre alla scelta di non varcare i confini nazionali, sono state diverse le modalità con cui gli italiani hanno fatto fronte al bisogno di sicurezza: come alloggio, una netta preferenza è andata ad abitazioni (seconde case, appartamenti di proprietà o in affitto, ospite di parenti/amici) e campeggi, a svantaggio delle strutture alberghiere che hanno visto la propria quota di presenze assorbite ridursi al 25% rispetto al 43% del 2019. Spesso la compagnia di viaggio si è limitata alla famiglia.
Nella scelta delle destinazioni, poi, ha prevalso un criterio di prossimità: in media, circa un italiano su tre si è mosso all’interno della propria regione di provenienza. Complessivamente, il solo turismo domestico ha fatto registrare un aumento del 5% rispetto all’estate 2019.
Nella mappatura geografica di questa anomala estate quasi tutta italiana, Puglia, Campania, Sicilia, Calabria restano le principali regioni scelte dagli italiani confermando un dato sostanzialmente invariato rispetto all’estate scorsa.
Ciò che invece è mutato in maniera significativa è il peso relativo di regioni quali Abruzzo, Molise e Umbria, tutte fortemente caratterizzate in termini ambientali e naturalistici, la cui rilevanza turistica è più che raddoppiata nell’estate 2020. Altro aspetto di rilievo è il caso della Toscana che, in virtù delle proprie caratteristiche e nonostante il venir meno del turismo internazionale, sembra riuscita più di altre a mitigare gli effetti negativi del Covid, intensificando il turismo domestico, in particolare quello degli stessi toscani e delle aree limitrofe, ed accrescendo la propria quota sul totale nazionale.
Infine, tra le attività maggiormente praticate dagli italiani in vacanza l’estate scorsa emergono su tutte trekking e bicicletta che staccano di diversi punti percentuali le attività tradizionalmente svolte nelle località di mare. Nel bilancio complessivo della stagione l’Isnart rileva che c’è stata comunque una sostanziale riduzione della spesa turistica degli italiani.
«I risultati di questa indagine – ha commentato il Presidente di Isnart Roberto Di Vincenzo – sono preziosi in quanto per la prima volta viene scattata una fotografia sulle motivazioni che hanno determinato, e che continueranno a determinare, impatti così importanti su una dei principali settori economici del Paese. Se fino ad oggi la crisi del turismo veniva ricondotta agli aspetti “hard” delle misure di contrasto alla pandemia (limitazioni ai mezzi di trasporto, difficoltà economiche), ora vediamo quanto siano stati altrettanto importanti anche gli aspetti “soft” (paura del contagio, necessità di sicurezza, riscoperta di uno stile di vita a contatto con la natura). Questa seconda dimensione dovrà essere considerata nel formulare politiche di sostegno al settore che sono state finora limitate a interventi di natura economica ».