C’è chi li vede stretti. Chi lunghi. Chi addirittura ciechi. Dal 26 gennaio, data dell’ultima ordinanza del ministero della Salute, si sono sprecati facili giochi di parole sui corridoi turistici.
Corridoi che, nonostante la loro inattesa estensione e la contestuale rimozione del tampone ai rientro dall’Ue, sono stati, prima maldigeriti da alcuni, poi letteralmente impallinati sui social. Quella che si è fatta largo nei giorni è stata una sorta di fronda “No Corr”, come l’ha ribattezzata Astoi. Il partito di chi (eureka!) avrebbe voluto vedere l’Italia riaprire all’unisono tutti i confini extra Ue, cosa del resto richiesta – da mesi e in tutte le sedi – dalle associazioni di categoria titolate a trattare con il governo.
Una polemica mossa da ragioni commerciali, che ha investito in particolare l’associazione dei tour operator, tanto da indurre il presidente Pier Ezhaya a replicare con un post in Rete. Una sorta di lettera aperta che di seguito riportiamo integralmente.
“Non bastava esserci divisi sul calcio, sulla politica, sulla Tav e sui vaccini; sul solco della peggior tradizione nazionale siamo riusciti a dividerci anche sui corridoi turistici.
Cerchiamo, allora, di rimettere la chiesa al centro del villaggio. È evidente che chiunque, nel mondo del turismo, avrebbe preferito veder rimosso il divieto di viaggiare piuttosto che limitarsi a operare sui corridoi. Bisogna però fare i conti con la realtà e, dato che questa ipotesi non era sul tavolo, si è reso necessario provare a difendere una minima possibilità di sopravvivenza per il settore.
Il tema qui non è che il bicchiere riempito a metà poteva essere pieno, ma che avrebbe potuto essere completamente vuoto visto che, dopo le festività natalizie, l’orientamento del ministero era di non prorogare la sperimentazione. I corridoi hanno permesso a t.o./adv di movimentare un po’ di traffico, di chiudere qualche pratica, di riallacciare il rapporto con i propri clienti e anche di pagare qualche salario.
È chiaro che questo non è il risultato che auspicavamo, ma è certamente il miglior risultato possibile visto l’atteggiamento del governo e dei media. Essi sono stati un formidabile boccaglio per prendere un po’ di ossigeno in questa apnea lunga quasi due anni.
Nei tre mesi di sperimentazione si conta che approssimativamente siano stati movimentati 60mila passeggeri nei corridoi. Pochi? Tanti? Non lo so, ma sicuramente è meglio di 0. Siamo riusciti ad aprire le destinazioni più richieste nell’inverno e ne abbiamo aggiunte altre sei. La parola “corridoio” non è una parola da cancellare, semmai è una parola da superare al più presto quando verrà rimosso il disastroso divieto di viaggiare imposto da Speranza. Ma, in attesa che ciò avvenga, “corridoio” è una parola da difendere con i denti perché rappresenta la sopravvivenza di molte imprese e chiunque attacchi questo tipo di soluzione fa male al settore come farebbe una malattia autoimmune che attacca il corpo che la ospita.
Io ho la sensazione che mentre alcune persone sono impantanate fino ai fianchi e cercano di spingere il pullman fuori dal fango, qualcun altro, seduto all’interno, guarda fuori dal finestrino e chiede di spingere più forte. E di questo ne ho un po’ piene le tasche.
Non so se abbiamo ottenuto il miglior risultato possibile, so però che sia Astoi sia le altre associazioni hanno lavorato senza interruzione, senza orari, senza sabati, senza domeniche, senza festività per ottenere questo risultato. Veder sminuire questo lavoro sui blog e su alcuni giornali fa davvero cadere le braccia. Il settore è debole proporzionalmente alla sua conflittualità interna e questo è un fatto, non un’opinione.
Sia ben chiaro, se qualcuno di questi signori riuscisse a far cambiare idea al ministro Speranza avrebbe il mio plauso totale ma, in attesa del miracolo, vale la pena ricordare che in assenza di cose intelligenti da dire, resta sempre aperta la preziosa opzione del silenzio”.