Una pioggia di euro che servirà a rivoluzionare ed estendere il sistema dei trasporti e delle infrastrutture per la mobilità con l’Alta velocità al Sud come priorità assoluta. Poche settimane fa il premier Mario Draghi ha presentato ufficialmente il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Il documento – che almeno per quanto riguarda la mission 3 dedicata a infrastrutture e intermodalità non si discosta molto dalla bozza varata già dal governo Conte – prevede 25,3 miliardi stanziati per rete ferroviaria, strade e digitalizzazione dei sistemi aeroportuali.
L’investimento però sale fino a 31,46 miliardi con l’inserimento del Fondo complementare, risorsa voluta da Draghi proprio per includere quei progetti rimasti fuori dal Pnrr ufficiale.
Approfondendo il contenuto della mission 3 del piano, l’esecutivo ha individuato due componenti: l’Alta velocità di rete e la manutenzione stradale 4.0 che riceveranno 27,97 miliardi di euro (24,77 miliardi del Pnrr e 3,2 miliardi del Fondo complementare); e l’intermodalità e la logistica integrata che, invece, conteranno su 3,49 miliardi di euro (di cui 2,86 miliardi allocati nel Fondo complementare e i restanti 0,63 miliardi sul Pnrr).
Nel dettaglio della prima componente spicca proprio l’Alta velocità al Sud che, con 4,64 miliardi di euro, prevede lo sviluppo dell’Alta velocità/capacità e dunque la “velocizzazione” della rete ferroviaria su tre tratte: la Napoli-Bari, la Palermo-Catania-Messina e la Salerno-Reggio Calabria.
Le connessioni diagonali nel centro-sud, invece, riceveranno 1,58 miliardi di euro e serviranno a ridurre i tempi di percorrenza dall’Adriatico al Tirreno. Sono interessate da questo investimento le direttrici Roma-Pescara, Orte-Falconara e Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia. Al nord, invece, andranno ben 8,57 miliardi di euro utili a collegare l’Italia al resto d’Europa completando i relativi corridoi ferroviari Ten-T sulle tratte Brescia-Verona-Vicenza, Liguria-Alpi e Verona-Brennero.
Il resto del “bottino” stanziato nel Recovery Plan, invece, sarà suddiviso tra lo sviluppo del sistema europeo di gestione del trasporto ferroviario (Ermts) che riceverà 2,97 miliardi; il potenziamento dei nodi, delle direttrici ferroviarie e delle reti regionali (non Av) soprattutto nelle aree di confine, le dorsali centrali e l’accesso ai porti in particolare nelle regioni del Sud (altri 2,97 miliardi); la riduzione del gap infrastrutturale nord-sud a livello di linee regionali (940 milioni di euro).
Un capitolo a parte, poi, riguarda ancora il sud Italia con 2,40 miliardi di euro che serviranno a potenziare la rete ferroviaria in aree critiche, a realizzare gli interventi di ultimo miglio ferroviario per la connessione di porti (Taranto e Augusta) e aeroporti (Salerno, Olbia, Alghero, Trapani e Brindisi). Infine altri 700 milioni di euro saranno usati per riqualificare le stazioni del Sud e migliorare lo sviluppo dell’intermodalità ferro-gomma.
A completare questa vera e propria cura del ferro da 24,77 miliardi per l’Italia, arriveranno dunque anche 1,75 miliardi del Fondo complementare che serviranno a rafforzare le linee regionali gestite da Regioni e Municipalità. Pochi spiccioli, si fa per dire, saranno destinati alla seconda componente: 630 milioni di euro serviranno per la digitalizzazione della catena logistica, l’innovazione digitale dei sistemi aeroportuali e gli interventi per la sostenibilità ambientale dei porti. Il Fondo complementare, invece, finanzierà con 2,86 miliardi interventi sulle infrastrutture portuali.