by Andrea Lovelock | 20 Giugno 2024 15:36
Crescita a doppia cifra per il turismo congressuale italiano: nel 2023 il nostro Paese ha ospitato 340.057 eventi e i partecipanti sono stati 27.152.890 (+28% rispetto al 2022) e le presenze 41.835.932 (+31.9% rispetto al 2022).
Sono i dati dell’Osservatorio Italiano dei Congressi e degli Eventi – Oice, la consueta ricerca promossa dall’associazione della meeting industry italiana Federcongressi&eventi e realizzata dall’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – Aseri, presentata nella sede dell’Enit.
Cifre che indicano inequivocabilmente come le imprese, dopo la pandemia, siano tornare a investire in eventi, quali convention, meeting e lanci di prodotto, come strumento di marketing e fidelizzazione e le associazioni, soprattutto medico-scientifiche, in congressi capaci di diffondere e promuovere conoscenza e innovazione.
Lo stato di buona salute del turismo congressuale italiano è dimostrato soprattutto dal tasso di incremento dei congressi e degli eventi che nel 2023 è stato del 12%, pari quindi al triplo di quello medio annuo di 4,1% degli anni pre Covid 19, e soprattutto dalle presenze generate dagli eventi da più di un giorno, cresciute di oltre il 50% rispetto al 2022. Positive inoltre le previsioni per l’anno in corso, in termini di crescita sia del numero degli eventi sia del fatturato.
«Il Mice italiano gode di buona salute ed è in questo trend che si inserisce una fase di profondo cambiamento della meeting industry con eventi e congressi che oggi hanno una qualità sempre più elevata e richiedono, quindi, sedi avanzate dal punto di vista dei servizi e delle tecnologie e personale formato e costantemente aggiornato – ha commentato la presidente di Federcongressi&eventi Gabriella Gentile – Parallelamente, i grandi flussi turistici e il conseguente aumento del tasso di occupazione alberghiera nelle destinazioni storicamente a vocazione Mice sta spingendo gli organizzatori a scegliere per eventi e congressi anche sedi fuori dai circuiti più consolidati, favorendo così non solo la destagionalizzazione ma anche la delocalizzazione del turismo».
La maggior parte dei congressi e degli eventi, il 59%, si è svolta al nord, il 24,7% al centro, il 10,2% al sud e il 6,1% nelle isole. Per quanto riguarda poi le sedi per eventi, gli alberghi congressuali rimangono la tipologia più utilizzata e, infatti, hanno concentrato il 77,8% degli eventi totali.
I centri congressi e le sedi fieristico congressuali hanno ospitato il 3,1% degli eventi: sono la tipologia di sedi più cresciuta rispetto al 2022 sia per numero di giornate, +33,9%, sia di presenze, +54,7%. Le dimore storiche non alberghiere (abbazie, castelli, antiche locande e casali, palazzi storici, ville, ecc.) sono state sedi del 2,5% degli eventi. In merito ai promotori, son le aziende ad aver organizzato la maggioranza degli eventi, il 66,3%, vale a dire 13 punti in più rispetto alla rilevazione precedente, mentre le associazioni si confermano il secondo promotore con il 22,3% degli eventi.
Infine, per quanto concerne la provenienza dei partecipanti, cessate le restrizioni dovute alla pandemia, in ripresa anche gli eventi internazionali (cioè con partecipanti provenienti in percentuale significativa dall’estero) e nazionali (con partecipanti provenienti prevalentemente da fuori regione) anche se circa la metà degli eventi e congressi si conferma come negli anni passati a dimensione locale (con partecipanti provenienti prevalentemente dalla stessa regione nella quale si svolge l’evento).
Come ha spiegato il responsabile scientifico dell’Osservatorio Roberto Nelli, docente di Marketing all’Università Cattolica del Sacro Cuore: «I risultati della ricerca evidenziano due aspetti fondamentali della meeting industry italiana. Da un lato, l’evoluzione delle sedi per eventi e congressi, che testimonia il processo di cambiamento in atto nella struttura dell’offerta, che si riconfigura progressivamente per adattarsi alla domanda del mercato in continua trasformazione. Dall’altro lato, la vitalità dei territori, che sanno valorizzare sempre meglio sia la loro vocazione culturale – si pensi ai comuni che rientrano nel cluster della “Grande bellezza”, nei quali si colloca il 44% delle sedi che accolgono il 54% del totale dei partecipanti agli eventi in Italia – sia le diverse specializzazioni produttive dei sistemi locali, dal “Made in Italy” che con il 22% delle sedi ospita il 19% dei partecipanti agli eventi ai sistemi urbani ad alta specializzazione in attività terziarie, nei quali si colloca il 18% delle sedi che aggrega il 27% dei partecipanti totali, un chiaro segnale di quanto la meeting industry possa contribuire allo sviluppo delle imprese nella prospettiva della network economy».
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