by Giorgio Maggi | 5 Febbraio 2020 7:00
Nel 2019 in Italia si è volato di più. Soprattutto all’estero, e meno all’interno dei confini domestici. I dati raccolti da Assaeroporti dai 39 scali del nostro Paese hanno fotografato una realtà dove il traffico è in aumento grazie, per la maggior parte, ai collegamenti internazionali operati dalle compagnie low cost, sempre in ascesa. Ma dove la concorrenza dell’Alta Velocità (e più in generale del treno) si fa sempre più sentire nei collegamenti da una città all’altra, a danno dei vettori nazionali, Air Italy e Alitalia su tutti.
Nel 2019 — calcola l’associazione delle società italiane di gestione aeroportuale – negli scali dello Stivale sono transitati 193,1 milioni di viaggiatori, il 4% in più rispetto al 2018. Di questi, quasi 128,04 milioni sono quelli legati ai voli oltreconfine (+5,8% di viaggiatori, con un +4,5% per il traffico Ue e un +9,9% per quello extra Ue). Meno positivo il bilancio per quanto riguarda i collegamenti all’interno della penisola, con un magro +0,7% da un anno all’altro (era stato +3,3% nel 2018 sul 2017).
Del resto, a favorire l’impennata del traffico low cost, è continuata come in passato la pioggia di incentivi ricevuti dalle compagnie aeree (a basso costo, ma non solo) da parte degli aeroporti italiani e degli enti locali. Una cifra, ha calcolato poche settimane fa corriere.it, che rischia di superare quota 226 milioni di euro l’anno. Il “tesoretto” – sottolinea sempre il quotidiano online – viene erogato in particolare nel nord ovest, con 97,37 milioni di euro. Seguono il nord est (43,95 milioni), le isole (32,12 milioni), il sud (27,4 milioni) e il centro (25,2 milioni).
Per capire davvero cosa succederà nei prossimi mesi però, bisognerà aspettare che le nubi si diradino sul progetto di Alitalia. Dopo il via libera ottenuto dalla Camera al nuovo prestito da 400 milioni (da restituire entro 6 mesi), il 31 maggio rimane il termine che viene dato al commissario Giuseppe Leogrande per espletare la procedura di cessione dell’ex vettore di bandiera, e non il termine perentorio per la vendita della compagnia. Il che, fuori dal burocratese, significa che entro quella data il commissario unico e il nuovo direttore generale Giancarlo Zeni dovranno agire sui costi, tra cui quello legato al personale, per rendere appetibile il vettore ai potenziali acquirenti. Dopo di che, si apriranno i veri giochi tra gli eventuali partner industriali interessati, in varia forma, a essere della partita: da Lufthansa a Delta Airlines, da Atlantia allo stesso Gruppo Fs.
L’altra partita destinata a risolversi entro pochi mesi è quella legata al futuro di Air Italy. «Facciamo il tifo perché Air Italy possa diventare l’hub carrier di Malpensa», ha detto recentemente a chiare lettere l’ad di Sea, Armando Brunini sottolineando come la compagnia nata dalle ceneri di Meridiana «è cresciuta molto nel 2019, ma è ancora troppo piccola per costruire un hub».
Sullo sfondo infatti, vero e proprio punto di svolta in quella che sarà la strategia futura del vettore capitanato da Rossen Dimitrov rimane la questione della continuità territoriale sarda, il cui accordo attualmente in vigore scadrà il prossimo 16 aprile.
La recente chiusura dell’aeroporto di Olbia-Costa Smeralda per consentire i lavori di rifacimento della pista che dureranno quaranta giorni mette, infatti, il futuro di Air Italy a dura prova. La compagnia ex Meridiana è già sotto osservazione dei sindacati[1] da un paio di settimane con alcune indiscrezioni secondo cui Akfed, il fondo dell’Aga Khan, potrebbe lasciare il vettore, e con degli obiettivi di piano industriale lungi dall’essere raggiunti.
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