In quello che molti considerano per il turismo una sorta di “anno zero”, tra le voci in emergenza che attendono una normalizzazione c’è il lavoro: dal deficit di oltre 300mila addetti stimati nella stagione estiva 2022 a un fabbisogno di qualifiche professionali che potrebbero trasformarsi in preziose opportunità, sia per i giovani che per i cosiddetti “fuoriusciti in attesa di reintegro”, ovvero lavoratori del turismo, tra i 40 e i 55 anni, che la pandemia ha reso disoccupati ma che rappresentano un patrimonio professionale da recuperare.
E se oggi il comparto vanta 2,6 milioni di addetti (tra diretti e indiretti), pari a un’incidenza dell’11,6% sull’occupazione nazionale, ci sono davvero margini per un pronto riscatto professionale dell’intera filiera? E come? Per Francesco Mongiello, fondatore di formazioneturismo.com e del portale lavorareturismo.it, «negli ultimi tempi è notevolmente cresciuta la domanda di profili professionali specializzati nel digital. Il trend sarà confermato per l’anno in corso. Sempre più richiesti gli esperti di web e social media marketing o di social media management. Anche le aziende di più modeste dimensioni si stanno rendendo conto che l’improvvisazione non paga: per avere maggiore visibilità (e profitti) è necessario affidarsi a veri professionisti. Anche i revenue manager si stanno facendo largo: le loro strategie permettono di incrementare i margini di guadagno. Stesso discorso per le figure “classiche”, anche e soprattutto quelle del settore hospitality. A patto che si aggiornino e si adeguino all’era del check in online. Anche il receptionist sarà richiesto nel 2023».
Ma è opportuno, ribadisce, «stare al passo con i tempi. Non è complicato: formazione a parte, ci sono app e software che possono aiutare il personale, semplificando e velocizzando il lavoro. Inoltre i corsi di coaching cominciano a suscitare interesse: si è compreso che un collaboratore motivato può dare molto di più. A proposito di formazione, mi vengono in mente nuovi corsi dedicati alla gestione delle crisi e alla sicurezza in generale. Sul fronte travel avranno un peso rilevante i manager esperti di turismo sostenibile e destination management. Mentre la vendita dei viaggi continuerà a spostarsi verso l’online: consulenti di viaggi, travel organizer o travel designer saranno sempre più richiesti. In crescita anche i travel influencer. Così come i manager specializzati in turismo enogastronomico e gli housekeeper manager».
Domanda diversificata, dunque, ma c’è il tema caldo delle retribuzioni: «È una nota dolente – osserva – e il turismo rischia di ritrovarsi in pesante affanno: le paghe sono sempre più basse e la qualità ne risente. Chi è specializzato si rifiuta, giustamente, di accettare cifre che si darebbero a un apprendista. I contratti a tempo indeterminato stanno diventando mosche bianche. Nella migliore delle ipotesi si punta sui contratti a tempo determinato per il lavoro stagionale. Ma vanno per la maggiore contratti a progetto, a chiamata o intermittenza. O, ancora, i contratti di collaborazione o a partita Iva. Tuttavia non si possono demonizzare i datori di lavoro. Anche lo Stato dovrebbe metterci del proprio, favorendo le assunzioni con contratti meno onerosi». C’è poi la sfida della formazione e qui il Mitur ha già disposto risorse ad hoc per realizzare una Scuola di Alta Formazione. Magari basterebbe riqualificare, sia nell’hardware che nel software, le tante scuole esistenti.