Lusso, hotel familiari vs catene. Cardone: «C’è spazio per tutti»
È forte nel post Covid l’interesse delle catene alberghiere internazionali per le grandi città italiane. Gioielli d’arte in gran parte presidiati da imprenditori locali che hanno in mano alberghi di prestigio. In che modo le aziende familiari di questa fascia potranno sostenere la concorrenza di multinazionali che hanno mezzi finanziari, know how e che possono mettere in campo delle sinergie in grado di abbattere i costi industriali? Mario Cardone, manager dell’hôtellerie con qualche decennio di esperienza, pensa di avere la risposta. E per questo ha fondato Autentico Hospitaliy, di cui è ceo.
La vostra società fornisce consulenza agli hotel a gestione familiare per potersi difendere dalle grandi catene.
«Per essere più precisi, supportiamo strutture alberghiere prevalentemente di famiglia per competere a livello mondiale. Parliamo comunque di strutture d’alta gamma, dal cinque stelle in su».
Non è comunque semplice, dato che le big company hanno un’organizzazione molto strutturata e possono permettersi interventi molto costosi, anche in termini di marketing, e specialisti con esperienza internazionale. Un’impresa familiare che dovesse cambiare la sua organizzazione, oltre a dovere affrontare dei costi molto maggiori, rischierebbe di perdere la sua identità.
«Non stravolgiamo l’organizzazione dell’azienda, se non adeguando qualche elemento strutturale e dei servizi. Piuttosto ci consideriamo una sorta di estensione della struttura per consentirle di confrontarsi con un mercato internazionale. Perché, comunque, la competizione è ormai globale. A tutti i livelli».
L’alta gamma è proprio il segmento assediato dai brand mondiali. Solo nel 2022 ci sono state 46 transazioni e la metà erano società straniere che acquistavano alberghi italiani, quasi tutti di lusso. Perfino a Roma si sono registrate delle acquisizioni di strutture che i proprietari avevano mantenuto per generazioni. Per lei è una buona notizia? O si rischia di perdere l’identità del Paese?
«C’è spazio per gli uni e per gli altri. In effetti, le esigenze di chi viaggia sono diverse e per alcuni è irrinunciabile la grande catena, mentre altri preferiscono comunque l’hotel a carattere familiare. Abbiamo il modello di Milano, dove questo è già successo diversi anni fa. Roma lo sta vivendo adesso ma era scontato che si verificasse questa evoluzione».
Però gli investimenti sono concentrati sulla fascia alta. Mentre il turismo economico sembra alimentare il fenomeno dei B&B e delle strutture a una o due stelle. Non c’è più spazio per il turismo di medio livello?
«Questa tendenza verso l’alto è netta. Nei prossimi tre anni sono previste 60 nuove aperture a cinque stelle. E non si era verificato mai prima d’ora, tant’è che in tutt’Italia contiamo solo 650 strutture a cinque stelle. Ma anche qui c’è spazio per tutti. Bisogna solo imparare a fare sistema sul piano della commercializzazione, del marketing e della promozione».
D’altra parte, voi stessi non vi occupate delle strutture di medio livello.
«È lì che ancora l’Italia deve recuperare terreno. Ma in realtà abbiamo creato un programma ad hoc proprio per le strutture a 4 stelle. Il progetto è partito da pochi mesi e l’abbiamo chiamato Prestigio Collection. È in questa fascia che il Paese perde competitività con i suoi diretti concorrenti del Mediterraneo».