Tre notti in Martinica, quattro in Guadalupa: una settimana di educational alla scoperta delle Antille francesi. Così recitava il programma preparato dal tour operator genovese Vola con Gully per un gruppo selezionato di agenti di viaggi. Programma curato nei minimi dettagli e perfezionato in mesi di lavoro.
Un tour per far conoscere meglio al mercato italiano i cosiddetti “Caraibi europei”. Quelli nell’elenco C della Farnesina, dove per l’ingresso basta il vaccino, non occorre il corridoio turistico, non c’è quarantena al rientro e non serve nemmeno il passaporto. E ancora, la valuta è l’euro e per comunicare con lo smartphone non serve aspettare il wifi dell’hotel, perché il roaming è quello europeo.
Succede però che Guadalupa, destinazione abitualmente tranquilla, all’improvviso si trasforma in teatro di una protesta: non piace alla popolazione locale l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari imposto dalla Francia nei suoi territori d’oltremare. Partono scioperi, scontri, strade bloccate, capannelli nelle città, mobilitazioni organizzate da gruppi sindacali e cittadini contrari alla tessera sanitaria, che richiedono l’intervento della Gendarmerie. Proteste simili a quelle no vax che hanno bloccato le vie dello shopping di Milano o il porto di Trieste, ma che traslate in un arcipelago oltreoceano rischiano di compromettere un viaggio.
Al secondo giorno di permanenza in Martinica, la prima comunicazione: «Posticipiamo di 24 ore il volo per Pointe-à-Pitre, Guadalupa». Nelle ore successive le proteste proseguono fino alla decisione, presa con grande dispiacere e in nome della sicurezza del gruppo: «Restiamo in Martinica».
Ed è qui che entra in gioco il secondo lavoro di Barbara Bonadies e Sabrina Morandi. O forse il primo lavoro del tour operator: «Esserci quando non va tutto bene», come ricorda Sabrina. Anche perché, nei giorni successivi la protesta arriva anche da noi, nella cosiddetta “isola dei fiori”. Il retaggio dell’800, la schiavitù nelle piantagioni di canna da zucchero, pesa ancora nei rapporti tra la popolazione creola e la “madrepatria” Francia, tanto da rendere difficile l’accettazione di un obbligo, come il pass sanitaire, se arriva da Parigi, e diventa motivo di malcontento.
L’arte della riprotezione comincia con l’individuare una struttura che ospiterà il gruppo di 12 persone.
«Abbiamo avuto l’importante supporto di Coeur des Iles, i nostri corrispondenti locali. Non è stato facile, per le nostre aspettative e per quelle di chi è partito con noi: ci aspettava un programma importante anche in Guadalupa – dice Barbara – Abbiamo dovuto cercare una sistemazione alternativa per quattro notti, cambiare 12 voli di rientro e riempire le giornate con nuove attività. Servivano mezzi di trasporto adeguati al gruppo, ovvero pullman e non taxi. Difficile anche trovare escursioni all’ultimo momento, già gettonatissime».
«Disporre di corrispondenti in loco e basi solide è stato importante – aggiunge Sabrina – Tutti reattivi e collaborativi per la riuscita del viaggio, obiettivo primario anche per i nostri fornitori. Per i locali, ospitare sull’isola agenti di viaggi italiani è un’ottima chance, visto che l’Italia non è ancora un mercato forte per la destinazione. Dopo due anni in cui riprogrammiamo viaggi a causa della pandemia, siamo allenate e preparate. È una nuova routine, sicuramente non è la parte migliore del lavoro. Abbiamo passato mesi a organizzare questo viaggio, ma se c’è qualche intoppo, siamo qui apposta».
ALLA SCOPERTA DELLA MARTINICA. E infatti il cambio forzato di programma non spiazza le due tour operator. Tra il prima e il dopo, il gruppo di agenti può toccare con mano l’offerta turistica di una destinazione che ben si presta a un soggiorno di una settimana, magari in fly&drive, per la varietà di esperienze distribuite sul territorio, da una costa all’altra.
A cominciare dalle visite degli alberghi selezionati perché più adatti al mercato italiano: strutture sul mare con accesso alla spiaggia incorniciata da bouganville come l’Hotel Bakoua (dal nome del cappello tipico dell’isola), hotel collinari con vista come Le Panoramique, alberghi diffusi come il Village Creole, strutture eleganti e sobrie come La Pagerie, oasi di tranquillità come Diamant Les Bains, di fronte a Le Diamant, scoglio che prende il nome dalla sua forma, teatro di una tragedia all’epoca della schiavitù. Ciascuno è un buon punto di partenza per conoscere una terra che è un regalo per gli occhi. Natura esplosiva, fiori e oltre 400 microclimi differenti. Siamo tra oceano Atlantico e mar dei Caraibi, tra le isole indipendenti di Dominica e Santa Lucia.
Scoperta e poi abbandonata da Cristoforo Colombo nel 1502, l’isola ha una lunga storia: fu abitata da una prima comunità originaria del Venezuela 2.500 anni fa; popolazione poi sterminata dagli indiani. È stata oggetto delle attenzioni dei colonizzatori europei per le sue terre fertili, e conquistata dai francesi aiutati dagli olandesi, a cui si devono anche le prime piante di canna da zucchero, tuttora fondamentali per l’economia del posto. È stata anche tre volte inglese prima di diventare definitivamente francese nel 1802. La popolazione è mista e, anche se la lingua ufficiale è il francese, la comunità parla creolo: un mix di parole africane, antico francese e inglese.
La schiavitù, con uomini deportati dall’Africa e finita oltre un secolo e mezzo fa, è protagonista di due diverse escursioni del gruppo: quella al Mémorial Cap 110, di fronte alla roccia Le Diamant, edificato nel 1998 in occasione del 150° anniversario dall’abolizione; un omaggio alle vittime dell’ultimo naufragio nella storia della Martinica in un viaggio dall’Africa, a seguito di una violenta tempesta nel 1830 (86 sopravvissuti su 300); la seconda alla La Savane des Esclaves, meta per gli amanti della storia; un villaggio ricostruito con capanne di paglia che ripercorre la storia della schiavitù nel Paese tra ‘700 e ‘800.
La Martinica è l’unico Paese al mondo che ha la denominazione di origine controllata per il rhum, che qui si ottiene dalla sola distillazione di succo di canna fermentato (senza la melassa). Il percorso non può concludersi senza la degustazione: tra canne bleu, rhum durato lasciato riposare 12 mesi, ambrato (18 mesi) e rhum vieux, invecchiato almeno tre anni in barrique, tra i più apprezzati al mondo.
Il distillato è bevanda nazionale nell’isola dei fiori: in qualsiasi momento della giornata, anche a colazione, c’è chi ti offre un Ti’ Punch (in francese petit ponch): rhum bianco, zucchero di canna e lime.
E se Martinica produce 20 milioni di litri di rhum ogni anno, l’altro traino dell’export è rappresentato dalle banane: 200mila tonnellate, di cui l’80% finisce oltreconfine. Nel cuore dell’isola si viaggia lungo strade che attraversano piantagioni di banane, felci, bambù e ci si immerge nella foresta tropicale. Che trova la massima rappresentazione nel Jardin de Balata, luogo che aggiunge nuance alla propria tavolozza di colori. È il regno dei fiori: oltre 3.000 specie di piante tropicali; un percorso tra hibiscus, eliconie, anthurium, orchidee selvatiche, balisier, rose di porcellana, bromelie sudamericane, un’infinita varietà di palme, accompagnati dal volo dei colibrì.
Mare protagonista anche del finale della settimana di educational di novembre, con il trasferimento fuori programma in barca verso l’aeroporto.
Intanto oggi i toni della protesta si sono attenuati, la destinazione è tuttora aperta agli italiani; è un lungo raggio possibile e le prenotazioni sono ripartite. Natale e Capodanno fanno registrare il quasi sold out nelle strutture ricettive delle Antille francesi. E l’educational in Guadalupa, promette il tour operator, è solo posticipato di qualche mese.
PERCHÉ VENDERE LA MARTINICA. Tra complicità, risate, shopping al Village Creole e nei poli dell’artigianato, in cerca di souvenir alcolici, magnetici, di frutta candita o di spezie come il Colombo (mix di coriandolo, chili, aglio e curcuma), ritornelli scherzosi come “eh, ma che brutto carattere!” le agenti di viaggi, in un tour tutto al femminile, hanno studiato la destinazione per poterla proporre ai clienti.
«In 30 anni di attività non l’avevo ancora mai venduta – dice Carla Varetto, Avanti Tutta – È una destinazione nuova per i turisti italiani. Oggi potremmo parlare di Caraibi accessibili, perché di fatto europei, con il vantaggio di poterci andare senza bisogno del passaporto, di pagare in euro, di avere il roaming europeo, della lingua francese. È un’isola da fly&drive, per una vacanza nella natura lussureggiante. I creoli sono più accoglienti rispetto ad altri popoli del caribe e non sono forzatamente amichevoli. Il valore aggiunto: la pulizia e le strade ben tenute».
D’accordo sul girarla in macchina anche Elena Lisa, Maratona Viaggi «per la varietà dei panorami e delle escursioni possibili. Per gli italiani consiglierei l’Hotel Bambou, nella baia di Fort de France, con i bungalow immersi nella vegetazione tropicale, la spiaggia, il servizio pranzo e cena, la privacy. Oppure Diamants Les Bains, per chi cerca relax totale e un tipo di vacanza diverso».
È un «Caraibi alternativo per chi già conosce i classici – spiega Elena Chiabotto, Pianeta Gaia – Non per chi cerca solo comodità e lusso in vacanza. C’è una natura che altrove non vedi, tra paesaggio collinare e mare, a differenza di altre isole caraibiche che sono molto piatte. Per certi aspetti, mi ha ricordato la Costa Azzurra. Il plus, per quanto mi riguarda, è che non ci siano i grandi villaggi pensati ad hoc per gli italiani».
Meta «ideale per chi vuole vivere appieno la vita local e non cerca solo il bel mare – aggiunge Claudia Finotto, Viva la vida – Perfetta per chi ama fiori e colori, è completamente diversa da tutte le altre isole caraibiche e offre una grande varietà di escursioni».
Un’isola che «oltre al mare, alla natura, al sole e alle spiagge, ha una storia – racconta Sara Lauria, Penny Tour – C’è una spaccatura che commuove quando si ascoltano i racconti sugli schiavi. E c’è un rispetto per questa storia anche da parte della popolazione francese che vive qui, e che non ha origine creola. Ho respirato l’orgoglio dell’isola, delle sue radici, della multietnia. Per esempio nelle spiegazioni sulla raccolta delle banane, che qui si fa ancora a mano. C’è un forte rispetto della natura e delle riserve naturali. Addirittura, c’è un intero isolotto dedicato a preservare l’iguana. La consiglio a chi ha voglia di girare e di rispettare le tradizioni».
Prezzi «in linea con quelli europei e clima caldo tutto l’anno – ricorda Michela Reverdy, L’angolo dell’esploratore – Un’isola da scoprire per l’entroterra, per il mare, per le tante escursioni possibili. E non è un dettaglio che non serva il passaporto per arrivarci».
Se ne potrebbe fare «un’enciclopedia floreale – immagina Annalisa Allegro, Dream Trips – Colpisce per colori, introvabili altrove, e profumi. C’è un connubio particolare tra spiagge e natura incontaminata. È per il cliente che cerca una realtà differente dalla propria. Non è adatta al classico turista da villaggio, ma ai viaggiatori. Da scoprire in ogni angolo».
E se il soggiorno è andato diversamente dai programmi iniziali, Barbara e Sabrina di Vola con Gully lo valutano con soddisfazione: «Siamo contente del viaggio, della destinazione e in particolare del gruppo, delle agenti di viaggi che abbiamo scelto di portare qui. L’armonia tra persone è fondamentale per la buona riuscita di un viaggio».