Mastercard, così il Covid ha rivoluzionato i pagamenti

Mastercard, così il Covid ha rivoluzionato i pagamenti
26 Giugno 10:39 2020 Stampa questo articolo

Le innovazioni digitali sono diventate un elemento chiave del new normal. Parola di Mastercard, che in collaborazione con AstraRicerche ha condotto uno studio – Paying digital, living digital: evoluzione dello stile di vita degli italiani prima e dopo il Covid-19 – in cui è emerso l’attuale rapporto dei cittadini con la tecnologia, comprese le nuove abitudini di pagamento.

DIMINUISCE L’USO DEL CONTANTE. Con la pandemia e le relative misure adottate per contrastare il virus, c’è stata un’evidente accelerazione del passaggio dal contante ai pagamenti digitali. Secondo la ricerca, rispetto al passato, un italiano su due si è affidato alle transazioni digital rispetto al cash. Un dato, questo, che colpisce ancor più quando a rispondere sono gli esercenti, che dichiarano di aver effettuato più pagamenti digitali che contante per il 56%.

Il 69,9% degli italiani, inoltre, dichiara di utilizzare carte di pagamento tradizionali (di credito e di debito) con un’elevata frequenza, seguite dalle card contactless per più di un italiano su due, con il 60,9% dei consumatori che lo ha fatto nell’ultima settimana.

Attenzione, però: non si tratta solo di un’esigenza temporanea. Chiedendo agli intervistati cosa vogliono utilizzare in futuro, un italiano su quattro, per la prima volta nella sua vita, dichiara di voler abbandonare per sempre banconote e monetine. Ma non solo: la carta di pagamento tradizionale potrebbe diventare il mezzo più utilizzato (75.9%). 

«Quanto emerge da questa nuova ricerca rappresenta un’importante conferma per l’Italia rispetto alla propensione degli italiani a utilizzare i pagamenti digitali. Durante l’emergenza Covid-19 i nostri connazionali si sono rivolti al digitale per effettuare acquisti, in alcuni casi scoprendo per la prima volta le loro potenzialità. Il dato rilevante è che questo trend continuerà nel futuro. Quindi: it’s time to accelerate», ha dichiarato Michele Centemero, country manager Italia di Mastercard.

PERCHÉ CRESCONO I PAGAMENTI DIGITALI. Tanto dipende dall’ottimizzazione dei tempi, un plus riconosciuto dal 70% degli intervistati. E ancora la tutela dell’igiene e della salute personale, maggiormente attribuiti a carte di credito, smartphone e applicazioni bancarie rispettivamente dal 75,4%, 71,9%, 72,8%. L’’81,2% degli individui condivide la convinzione che il contante sia meno igienico; dato che viene confermato anche dal 60% degli esercenti.

Ma all’interno del vasto panorama dei metodi di pagamento innovativi molti sono oggi meno utilizzati rispetto agli altri strumenti. Le transazioni tramite app bancaria sono effettuate dal 29,5% degli italiani, con una percentuale che scende al 20% per i pagamenti con smartphone, e al 13,5% con i wearable device, fino al 12,5% della biometria.

«Questo periodo ha contribuito notevolmente a creare nuove opportunità di business per i retailer, ora pronti ad affrontare le sfide di un commercio sempre più digitale – continua Centemero – La ricerca conferma una crescente importanza di tool tecnologici volti prima di tutto all’ottimizzazione e al risparmio del tempo i cui vantaggi non si limitano a far fronte solo alle necessità di distanziamento sociale per gli acquisti fisici imposte in questo periodo. Stiamo, infatti, osservando come si stiano ponendo le basi per un trend positivo destinato a continuare, che ci condurrà verso un commercio omnichannel, dove una maggiore sinergia e coesione tra negozio fisico e digitale permetteranno la valorizzazione della customer journey».

OCCHIO AI DATI PERSONALI. La banca si conferma l’ente a cui la maggioranza degli italiani riconoscono la fiducia in fatto di riservatezza dei propri dati personali: il 54,5% degli intervistati si dichiara disposto a fornirli al proprio istituto di credito in cambio di benefici da applicazioni, siti web e servizi personalizzati, percentuale che sale al 66% nella fascia di età tra i 55 e 65 anni. Più contenuta è, invece, la fiducia verso le tech giants, a cui solo il 19,5% degli italiani rilascerebbe i propri dati.

Tra i dati sensibili che gli italiani sono disposti a comunicare a terzi troviamo data di nascita e il sesso (rispettivamente 64,5% e 63,3%). Seguono a breve distanza giorno e mese di nascita (57,3%), titolo di studio (56,6%) e professione (52,3%). Mentre molto limitata è la percentuale di chi cederebbe informazioni su malattie e condizioni di salute (20,8%), sul reddito (19,5%) e sulla geo-localizzazione (16,5%), sebbene per quest’ultima si riscontri un aumento interessante negli ultimi mesi (+4,5%) probabilmente dettato dall’emergenza coronavirus.

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Giulia Di Camillo
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