Sotto l’albero di Natale quasi zero ricavi per il settore turistico: secondo le prime valutazioni di Confturismo, infatti, i viaggi bloccati e i trasferimenti tra le regioni inibiti di fatto fino a metà gennaio provocheranno, nelle sole strutture turistico-ricettive, mancati arrivi di 10,3 milioni di turisti – 3,9 stranieri e 6,4 italiani – che avrebbero speso non meno di 8,5 miliardi di euro.
Ma ciò che preoccupa ancor di più i vertici di Confturismo è lo stato d’animo espresso nelle rilevazione Swg di novembre dell’indice di fiducia del viaggiatore italiano: sale infatti al 44% (rispetto al 37% che erano nella rilevazione di ottobre) la percentuale di chi aspetterà per partire dalla propria residenza anche quando l’emergenza sarà finita, mntre si riduce parallelamente al 39% la percentuale di chi desidera concedersi una vacanza non appena fuori dal rischio Covid.
La propensione a viaggiare, quindi, è ridotta al minimo storico e progetti di vacanza rinviati praticamente all’estate 2021: il valore dell’indicatore – sempre misurato su scala 0-100 – scende di altri 5 punti rispetto a ottobre e si attesta a 39, il peggior risultato di sempre, ben 31 punti in meno rispetto a novembre 2019.
Un quadro che ha spinto Luca Patanè, presidente di Confturismo, a diramare un amarissimo commento: «Il nostro settore, già prostrato, riceve l’ennesimo colpo durissimo con la chiusura agli spostamenti tra Regioni – addirittura tra Comuni nelle date clou – dettata dagli ultimi provvedimenti: sono regole che non consentono praticamente alcuna forma di turismo. Il turismo in sostanza è in lockdown da 10 mesi. Nel disegno di legge di Bilancio presentato al Parlamento dal governo non trova spazio una “manovra” ampia e dedicata al settore. Ci aspettiamo interventi celeri, molti dei sostegni annunciati non sono ancora arrivati alle imprese. Serve un’iniziativa di più ampio respiro. Anche sul recovery fund si sta perdendo tempo prezioso. Non vediamo progettualità, non vediamo azioni concrete per il turismo, non si è aperto nessun tavolo di lavoro al Mibact: e dire che bastava semplicemente riproporre quello che ci aveva portati, nel 2016, a redigere il Piano strategico. Siamo al punto di non ritorno».
Per Confturismo si spengono dunque le luci su un settore che, con i suoi 190 miliardi di valore della produzione, gioca un ruolo del tutto strategico per l’economia nazionale. Prova ne è che, quando si chiede al campione di immaginare il luogo della prossima vacanza, il 44% risponde una località di mare, e solo il 30% menziona la montagna. Insomma, ci si proietta direttamente all’estate saltando a piè pari l’inverno e addirittura immaginando già qualche viaggio all’estero, ma non nelle mete esotiche tipiche di questo periodo – come il Mar Rosso, i Caraibi o l’Oceano indiano – bensì quelle dell’Europa estiva, prime fra tutte Spagna e Grecia. Da qui anche una velata critica di Confturismo all’Enit che non starebbe valutando appieno il rischio di trovarsi al centro di due tendenze significative nell’estate 2021: gli italiani che torneranno a viaggiare all’estero e gli stranieri che, attratti dalle sirene della concorrenza, torneranno sì in Italia, ma non nelle quantità a cui eravamo abituati in epoca pre-Covid.