La fine del 2023 ha fato registrare agli hotel di New York una forte ripresa; gli alberghi della Grande Mela, a dicembre, hanno segnato il più alto tasso di occupazione di tutte le città top 25 degli Stati Uniti, con l’86,6%. Anche la tariffa media giornaliera degli alberghi in città ha registrato un’impennata a dicembre, con un aumento di quasi l’11%, arrivando a 393 dollari a camera, mentre i ricavi per alloggio sono aumentati del 15,6%.
Considerato il periodo natalizio, e l’ovvia impennata della domanda di stanze in generale, i picchi coincidono però anche con il crollo della disponibilità sul portale di Airbnb di affitti a breve termine, cioè sotto i 30 giorni, che è passata da circa 13.500 offerte di appartamenti in agosto, a meno di 3.000 in dicembre, secondo i dati di AirDna (piattaforma di analisi dati sul mercato degli affitti brevi), a causa della legge emanata della città di New York, a settembre 2023, che ha reso i requisiti di affitto molto più stringenti per gli host del famoso portale limitandone l’offerta.
La nuova legge, valida solo per la città di New York, permette di affittare sotto 30 giorni solo stanze in appartamenti dove gli host, cioè i proprietari, o gli affittuari, risiedono in prima persona e sono effettivamente presenti. Non solo, gli ospiti non possono essere più di due, mentre, un appartamento intero può essere affittato solo per più di un mese. La legge è entrata ufficialmente in vigore a settembre, ma le prenotazioni già fatte prima, per meno di 30 giorni, sono state consentite fino al 1° dicembre, il mese che di fatto ha fatto registrare il vero cambiamento.
Bram Gallagher, economista di AirDna, ha dichiarato che l’impatto della legge per New York è stato «immediato», con la stragrande maggioranza degli affitti a breve termine che ora operano come alloggi a medio termine, sopra i 30 giorni, e quindi, i turisti ritornano alla prenotazione degli hotel per i loro soggiorni.
Per i primi 20 giorni di gennaio, gli hotel della città hanno registrato un aumento della tariffa media del 6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, con un aumento medio nazionale del 3,1% nello stesso periodo.
AirDna ha rilevato che lo scorso agosto, dei 27.000 annunci di affitti a breve termine disponibili a New York, circa la metà era commercializzata per soggiorni inferiori a 30 giorni. A dicembre, questo numero si era ridotto a circa 23.000, con solo il 10% che offriva soggiorni inferiori ai 30 giorni.
«In passato, abbiamo visto che l’effetto principale degli affitti brevi sul prodotto alberghiero tradizionale è quello di abbassare il loro prezzo medio, perché la flessibilità elimina una parte della compressione – ha commentato Gallagher – E nelle aree urbane, gli affitti a breve termine competono più strettamente con gli hotel che fuori città».
L’economista ha aggiunto che la nuova legge per la Grande Mela non è stata solo una «manna» per gli hotel, ma anche per i mercati degli affitti brevi nelle aree circostanti. In particolare a Jersey City e Newark, la domanda di affitti a breve termine è aumentata complessivamente del 54% a dicembre.
Se da una parte c’è la stretta di New York, alcune città, che già avevano lavorato per controllare l’invasione degli affitti di Airbnb, stanno facendo marcia indietro. Berlino è un esempio, qui c’era un divieto generalizzato sugli affitti a breve termine che ha generato un grande malcontento e ora le regole si sono molto ammorbidite.
Da parte sua, Airbnb ha criticato molto la strategia di New York messa in atto con la nuova legge, e, a metà gennaio, ha rilasciato una dichiarazione in cui affermava che i prezzi degli hotel della città sono “ai massimi storici” perché le nuove regole di affitto così stringenti hanno diminuito di molto sul sito l’offerta di affitti brevi.