Roma, l’appuntamento al commissariato è per le 9. Fissato oltre tre mesi fa tramite il sistema digitale di prenotazione, passato in breve da risorsa a imputato numero uno: la corsa al passaporto per mio figlio è ufficialmente iniziata. Sono curioso di toccare con mano da utente una questione di cui mi occupo come giornalista da settimane, ne avrete lette di tutti i colori: lunghe file, attese snervanti, interrogazioni parlamentari, due ministri – Matteo Piantedosi (Interno) e Daniela Santanché (Turismo) – impegnati a tutto campo, viaggiatori coi nervi a fior di pelle, danni ingenti al settore turistico sul piede di guerra: già 180 milioni di euro, con Pasqua alle porte e le vacanze estive non poi così lontane.
Siamo arrivati con un po’ di anticipo, non si sa mai, fuori non c’è nessuno. Il piantone ci fa accomodare in un salottino nel piccolo atrio dell’edificio, sormontato da una scala che conduce agli uffici del piano superiore. Alle 9 in punto ci invitano a salire, ora all’esterno c’è una discreta folla. Nelle stanze noto diversi agenti in borghese con il compito di sbrigare le pratiche: ma non c’è una carenza d’organico alla base dei passaporti lumaca? Giro la domanda a uno dei due poliziotti che ci accolgono allo sportello, dopo essermi qualificato: la risposta è chiara: «No, assolutamente – ribadisce – possono mandarci anche 10.000 agenti… La realtà è che scarseggia l’approvvigionamento dei libretti del poligrafico, ecco perché siamo così indietro». Quindi eccola la chiaveper decriptare il mistero passaporti: mancano i libretti del poligrafico. In ogni caso le questure hanno provveduto ad aumentare il personale in alcune zone e aperto gliuffici anche nei giorni festivi, come a Monza e Mantova. L’operazione-passaporto, di per sé, dura appena cinque minuti: il tempo di consegnare la documentazione già raccolta, firmare un paio di moduli e le impronte digitali di mio figlio. Quindi i titoli di coda, mentre ormai il corridoio è stipato di gente: «Per il rilascio vi dovrebbe arrivare un’email entro 30–40 giorni, se non la vedete in 50, allora telefonate qui». Ai posteri l’ardua sentenza, mentre riavvolgiamo il nastro e torniamo a osservare il film sui
passaporti dall’alto.
Il quadro generale è più variegato rispetto al microcosmo descritto, tra attese dilatate a livelli di parto – Prato, 9 mesi – e i ripetuti appelli lanciati dai professionisti del comparto. Aveva cominciato il presidente di Fiavet Confcommercio, Giuseppe Ciminnisi, che aveva scritto al Viminale sollecitando una soluzione che rischia di rallentare l’ottima ripresa registrata nel 2022 dopo il lungo stop per la pandemia. «In media – aveva fatto notare – registriamo una percentuale elevata di viaggi cancellati soprattutto da parte di chi viaggia per lavoro». La presidente di Maavi, Enrica Montanucci, si era addirittura recata di persona al ministero dell’Interno per chiedere spiegazioni in prima persona, ottenendo il prezioso chiarimento che anche il turismo merita procedure d’urgenza. Quindi, l’intervento del presidente di Fto Confcommercio, Franco Gattinoni: «Apprezziamo lo sforzo di Santanché e Piantedosi, ma rimaniamo preoccupati. L’aver inserito tra i motivi di urgenza per andare all’estero anche il turismo è un passo importante, però meterlo in pratica non è facile». Il fatto di aver incluso il turismo fra le motivazioni d’urgenza rassicura Gianni Rebecchi, presidente di Assoviaggi Confesercenti: «Bene che il governo abbia risposto subito contro ritardi e disservizi con misure straordinarie, rassicurando cittadini e imprese sull’esito positivo, nei tempi previsti, delle richieste. Auspichiamo, perciò, un ritorno alla normalità e alla tempistica di erogazione come nella media europea».