«Abbiamo registrato una crescita sorprendente durante il primo trimestre del 2018. Sono i primi segnali di un’estate da record, ma il sistema aeroportuale e l’Italia tutta devono farsi trovare pronti per evitare un sovraffollamento». Alessio Quaranta, direttore generale di Enac, avverte l’industria dell’aviazione italiana su quelle che saranno le prove generali per i prossimi anni. Ovvero aeroporti sempre più congestionati, grande traffico sia internazionale sia domestico e una maggior attenzione in termini di risorse e tecnologia sulla dinamicità dei flussi di passeggeri e bagagli.
A margine della conferenza “Creating Legal Gateways in the Italian, European and Internatinal Aviation Market”, ospitata dalla School of Law della Luiss a Roma, Quaranta fa il punto sulla situazione italiana tra un nuovo governo con cui iniziare a lavorare, il caso Alitalia e i cambiamenti repentini del mercato. «L’industria dell’aviazione in Italia cresce a ritmo costante, bisogna essere soddisfatti perché diventiamo un traino per l’economia del Paese, ma occorre anche prepararsi a gestire flussi mai visti prima e questo è un compito di tutti».
Già a partire da quest’anno?
«Sì, nel primo trimestre del 2018 abbiamo registrato una crescita di passeggeri del 6,4% rispetto allo scorso anno. A gennaio il +3%, febbraio +5%, a marzo siamo arrivati al +7% rispetto allo stesso mese del 2017. Non ci aspettavamo questi numeri in mesi che di solito sono più tranquilli. Di conseguenza l’estate sarà all’insegna di ulteriori record».
C’è un rischio overtourism per gli aeroporti italiani?
«Al momento solo nei periodi di altissima affluenza, abbiamo segnato sul calendario le settimane centrali di luglio e agosto dove ci sarà un traffico molto elevato. Non concordo con chi minaccia scenari apocalittici con cancellazioni, caos negli scali e scioperi (vedi le ultime esternazioni di O’Leary, ndr), ma siamo davanti a uno scenario che cresce a un ritmo vertiginoso. Il rischio in Italia è circoscritto ad alcuni giorni più “caldi” e agli aeroporti medio-piccoli che potrebbero accogliere un numero di visitatori in forma improvvisa e senza pianificazione».
Come si affronta il rischio sovraffollamento?
«Come Enac abbiamo già messo a punto assieme alle società di gestione dei vari aeroporti un sistema per gestire i flussi e le emergenze che verranno: c’è bisogno di un potenziamento dei servizi e del personale, sia per la gestione dei bagagli, sia nelle operazioni di check in e imbarco. Queste, in realtà, sono prove di una gestione che dovrà diventare sempre più efficiente e dinamica negli anni a venire».
Perché?
«Le prospettive parlano chiaro: gli aeroporti italiani entro il 2030 raggiungeranno la soglia dei 255 milioni di passeggeri annui. Lo scorso anno i passeggeri totali sono stati 175mila. In futuro ci aspettiamo una crescita sempre maggiore dei flussi dall’estero: è una buona notizia perché significa che cresceranno spesa, servizi collegati e ne beneficerà tutto il sistema Paese, non solo il settore turistico».
C’è bisogno di ampliare gli scali?
«Su Fiumicino certamente sì, perché un aeroporto come il Leonardo Da Vinci può e deve gestire flussi maggiori, deve essere protagonista e attrarli, come nel caso dei vettori cinesi: grazie all’area E del Terminal 3 lo scalo è leader in Europa per numero di rotte con la Cina. Roma dovrà competere nei prossimi anni con giganti come Madrid e Istanbul, ma al momento ha un limite di 55 milioni di passeggeri annui. Entro il 2030, secondo le nostre proiezioni dovrebbe accoglierne 100mila circa. C’è bisogno del terzo scalo, ovvero Fiumicino Nord, aldilà delle polemiche, affinché Roma sia un hub strategico a livello internazionale anche nel futuro».
E per gli aeroporti di media grandezza?
«La priorità è migliorare la gestione dei flussi. Quello che conta è investire nella migliore gestione degli spazi, dei transiti, dei servizi collegati, dei parcheggi e dell’intermodalità. L’anno scorso abbiamo portato a termine investimenti per 2 miliardi di euro, grazie a fondi europei, negli aeroporti del sud Italia per migliorare e ampliare le infrastrutture. Anche altri aeroporti hanno messo in cantiere opere di ammodernamento delle infrastrutture per aumentare la capacità. La sfida, ora è migliorare a livello tecnologico e gestionale con maggiori risorse umane».
Cosa si aspetta dal nuovo governo rispetto agli scorsi anni?
«Sono d’accordo con il neo ministro dei Trasporti e infrastrutture Danilo Toninelli quando dice che bisogna fare solo le opere veramente utili. Mi auguro, però, che si prosegua sulla strada degli investimenti. Non solo sugli aeroporti. Bisogna adeguare città e reti di trasporto e comunicazione per affrontare 255 milioni di turisti».
Tornando ai voli, nel 2017 le low cost hanno sorpassato le compagnie legacy in Italia. È una tendenza assoluta?
«È più un testa a testa, le quote sono praticamente uguali (50,9% contro 49,1%), ma non penso che cambierà molto nei prossimi anni. L’importante è che crescano i volumi e l’offerta e su questo vedo una buona performance nei prossimi 10 anni».
C’è anche Alitalia nei prossimi anni? Con il supporto dello Stato?
«Non so se lo Stato entrerà o meno con alcune partecipazioni, ma Alitalia ha una grande opportunità: davanti ai 255 milioni di passeggeri previsti nel 2030, se la compagnia dovesse mantenere anche solo il suo attuale 12% del mercato vedrebbe aumentare i passeggeri in termini esponenziali. L’ex compagnia di bandiera come tutta l’Italia non può perdere il treno della crescita e non può scomparire. Nel 2017 sul totale delle compagnie aeree operanti nel nostro Paese, oltre 100 non appartengono alla comunità europea. La competizione è, quindi, molto serrata ed Enac farà la sua parte tenendo dritta la barra su sicurezza, sostenibilità e diritti dei passeggeri».