by Gabriele Simmini | 6 Febbraio 2023 7:33
Può un’isola da 150mila abitanti accogliere quasi 3 milioni di turisti in un anno? Forse non più, forse è davvero troppo. Questa è la risposta che si saranno dati a Lanzarote, isola del famoso arcipelago delle Canarie, dopo un 2022 da record per il turismo che ha restituito tutto quello che la pandemia aveva tolto, con decine di aerei che atterravano al giorno e una folla perenne che attraversa gli 850 chilometri quadrati scarsi della meta spagnola.
Ora, però, i cittadini di Lanzarote sembra che abbiano deciso di alzare bandiera bianca e dichiararsi “destinazione satura di turismo” così come dovrebbe annunciare nei prossimi giorni il governo insulare (Cabildo) avviando un percorso di decrescita, secondo quanto riporta la stampa locale. «Non vogliamo più posti letto, né crescita, perché ormai porterebbero alla insostenibilità, vogliamo invece migliorare l’offerta di alloggi e i servizi. Si tratta di fare un salto qualitativo, perché siamo coscienti che la nostra isola è unica e bisogna proteggerla e non esporla alla massificazione», aveva rilanciato Dolores Corujo, presidente del Municipio di Lanzarote durante la seconda giornata di Fitur 2023, la fiera internazionale del turismo di Madrid.
A dicembre del 2022, secondo l’Istituto nazionale di Statistica spagnolo, a Lanzarote sono presenti 72 complessi alberghieri un totale di 40.276 posti letto e le previsioni per l’anno appena terminato sono di circa 3 milioni di turisti (2,4 milioni di internazionali e circa 600mila nazionali). Il rapporto tra numero di turisti e abitanti (150mila circa) è quindi di 20 visitatori per ogni locale. Niente a che vedere con le altre mete vicine – Tenerife ha un tasso di 7 turisti per ogni abitante, Gran Canaria di 5 a 1 e la Palma di 2 turisti per ogni abitante – a esclusione di Fuerteventura che ha un rapporto di 18 visitatori per ogni abitante locale, come segnala il periodico specializzato spagnolo Tourinews.
Le dichiarazioni di Dolores Corujo, però, devono fare i conti con la realtà dei fatti. La metà dei turisti internazionali, infatti, proviene dal ricco mercato del Regno Unito e questo implica una strategia di diversificazione per ridurre la dipendenza dal mercato britannico. In soldoni, questo significa tagliare i voli con il Regno Unito, dopo che solo nel 2020 (sempre durante Fitur, pochi giorni prima della tragica evoluzione della pandemia da Covid-19 in Europa) era stata la stessa presidente a chiedere più connettività aerea con i mercati nordeuropei. «Bisognerà far crescere i mercati francese, italiano, olandese e peninsulare così da puntare a un aumento della spesa turistica media a destinazione con meno turisti», ha segnalato Corujo.
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