Parchi permanenti, che fine hanno fatto i 20 milioni del governo?

Parchi permanenti, che fine hanno fatto i 20 milioni del governo?
05 Agosto 07:00 2022 Stampa questo articolo

L’Associazione Parchi Permanenti Italiani esprime preoccupazione per il futuro di un settore che coinvolge oltre 230 imprese per un totale di 25mila posti di lavoro diretti, e lancia un appello al governo affinché intervenga garantendo l’erogazione dei 20 milioni di euro previsti nel decreto legge 4 del 27 gennaio 2022 (Sostegni Ter).

«Chiediamo al governo un intervento immediato – ha dichiarato Luciano Pareschi, presidente Associazione Parchi Permanenti Italiani – Gli inspiegabili ritardi che si sono accumulati in questi mesi hanno generato una vera e propria emergenza: superato il limite del 30 giugno 2022, la misura tecnicamente non sarà più gestita attraverso le previsioni del Temporary Framework, bensì con il regime “de minimis”, che impone un tetto massimo di 200mila euro complessivo per poter beneficiare degli aiuti senza violare le regole comunitarie, un importo esiguo se commisurato alle perdite subite a causa delle chiusure durante la pandemia».

La mancata erogazione dei sostegni si inserisce in un contesto piuttosto complesso per le aziende del settore, ancora alle prese con le perdite del biennio 20-21: in media, rispetto al 2019, i parchi divertimento hanno perso il 75% nel 2020 e il 50% nel 2021. A essere più colpiti sono stati i parchi a tema, a causa dei prolungati periodi di chiusura e dei provvedimenti restrittivi per evitare assembramenti, mentre parchi faunistici e acquatici, seppur colpiti dalla crisi e dal calo ingressi, hanno potuto contare su stagioni di durata più simile a quelle pre-Covid.

Quest’anno la rimozione delle restrizioni ha permesso di registrare un netto incremento di ospiti all’interno dei parchi rispetto al 2021, pari a circa il 30% in più, con punte che superano il 40% nel caso dei parchi acquatici. Gli investimenti attesi per i prossimi anni superano i 100 milioni di euro in infrastrutture, cui si accompagna un incremento stimato del 20% nell’impiego di forza lavoro.

Maurizio Crisanti, segretario nazionale Associazione Parchi Permanenti Italiani, ha aggiunto: «I progetti non mancano e porteranno innegabili vantaggi per il turismo, l’economia e l’occupazione sul territorio, ma sulla continuità e sulle prospettive di crescita del settore pesano diverse incognite, a cominciare dall’aumento esponenziale dei costi fissi. Il costo dell’energia è raddoppiato, ci sono parchi che spendevano un milione di euro e adesso ne spenderanno due, ma anche i costi delle attrazioni realizzate in metallo scontano la carenza di materie prime, che si traduce in prezzi più elevati e date di consegna differite rispetto al passato. Aggiungo anche la necessità di prevedere incentivi economici per sostenere le assunzioni, a causa delle difficoltà a reperire il personale».

Tutto ciò senza poter contare su un’adeguata compensazione dei ricavi: gli aumenti dei biglietti di ingresso, infatti, quest’anno sono stati molto contenuti, inferiori al 5%. «In generale – ha concluso Crisanti – i parchi divertimento non possono incrementare eccessivamente i prezzi dei biglietti, perché entrano subito in competizione con altre forme di intrattenimento e anche perché hanno una funzione sociale: offrono allegria e divertimento, contribuendo al benessere fisico e psicologico della collettività, per questo devono essere accessibili alla maggior parte delle persone».

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