Il governo Meloni, al lavoro sulla nuova legge di bilancio per il 2025, ragiona sulle privatizzazioni per aumentare le risorse pubbliche. Un tema legato a doppio filo alla scadenza imminente del 20 settembre, data entro la quale dovrà presentare alla Commissione europea il Piano strutturale di bilancio di medio termine, piano di rientro dal pesante deficit derivato dal nuovo Patto di stabilità e di crescita.
Oltre alle privatizzazioni già annunciate – ovvero Monte dei Paschi di Siena (Mps), Eni, Poste Italiane, Ferrovie dello Stato – si discute l’ipotesi di quella dei porti, già affiorata lo scorso anno. I tecnici starebbero valutando la possibilità di replicare il modello aeroporti, aprendo ai privati. Sarebbe consentito così l’ingresso di fondi di investimento nell’azionariato degli scali portuali.
Secondo Il Messaggero, la privatizzazione sarebbe parte della riforma dei porti: “Molte le ipotesi sul tappeto. La prima, avanzata dai tecnici, prevede di seguire il modello aeroporti, con l’apertura ai privati della gestione dei porti. Ad entrare in gioco, e nell’azionariato, potrebbero essere i fondi di investimento, visto che il business portuale e della logistica ha costi e andamenti dei ricavi abbastanza certi. Non è chiaro se l’apertura a nuovi soci riguarderà ogni singolo porto o, come immaginato da alcuni esperti del settore, possa nascere una super Autorità portuale. Nel super polo, sempre secondo le ipotesi in campo, lo Stato dovrebbe comunque conservare la maggioranza o comunque una quota di controllo visto che si tratta di infrastrutture strategiche per il Paese».
L’idea, però, non piace a molti. Tra questi, Uiltrasporti che ribadisce ancora una volta «l’assoluta contrarietà all’idea più volte emersa a mezzo stampa da parte di esponenti del governo di privatizzare i porti italiani».
Il segretario generale Marco Verzari e il segretario nazionale Giuliano Galluccio di Uiltrasporti specificano: «Fare cassa su uno degli asset economici maggiormente strategici del nostro paese come quello dei porti, sarebbe un gravissimo errore. I porti italiani devono rimanere sotto l’egida pubblica per garantire una concorrenza basata sulla trasparenza e sul rispetto delle regole a partire dal contratto, un importante elemento di competitività del settore per il quale inoltre auspichiamo si arrivi presto al rinnovo».
E aggiungono: «Gli spazi in concessione debbono essere affidati sulla base della capacità degli operatori di essere attrattivi in termini di traffico, e su una selezione basata sull’efficacia ed efficienza organizzativa ed operativa ed in base alla congruità degli organici».
I due segretari di Uiltrasporti proseguono con un invito: «Il governo rinunci a questo progetto di privatizzazione e dia risposte concrete al mondo portuale italiano, a partire dal fondo di incentivazione all’esodo. Abbiamo bisogno di mantenere ed esaltare il valore dell’impianto regolatorio incentrato sul contesto pubblicistico perché questo tipo di regolazione ha garantito lo sviluppo equilibrato dei porti tra interesse pubblico, interessi privati e la tutela dei lavoratori che sono una parte fondamentale della portualità».
Prende posizione anche il Pd, con il deputato Debora Serracchiani: «Confidiamo che l’ipotesi di privatizzare i porti sia un effetto ricorrente del torrido caldo estivo e che il governo non insista. Già ad agosto dello scorso anno il ministro Tajani ebbe l’improntitudine di lanciare questa ipotesi, che fortunatamente incontrò solo critiche o disinteresse anche nella maggioranza».