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Porti italiani, lo spettro delle tasse

La Commissione Ue non ci sta e si schiera contro le esenzioni fiscali dei porti italiani e spagnoli. A quanto riporta l’Ansa, secondo Bruxelles i benefici di cui godono gli scali portuali tricolori e iberici possono essere considerati a tutti gli effetti come aiuti di Stato. Ragion per cui le singole autorità nazionali sono “invitate” ad adeguare le rispettive legislazioni alle disposizioni europee in modo che dal 1° gennaio 2020 anche le società di gestioni portuali paghino le imposte come tutte le altre aziende che realizzano profitti.

«I porti sono infrastrutture essenziali per la crescita economica e lo sviluppo regionale – ha detto la commissaria responsabile per la concorrenza Margrethe Vestager – Per questo le norme Ue sugli aiuti di Stato prevedono che i Paesi membri dispongano di ampi margini di manovra per l’adozione di misure di sostegno e di investimento a favore dei porti. Al tempo stesso, per garantire condizioni eque di concorrenza in tutta l’Ue, i porti che generano profitti esercitando attività economiche vanno tassati allo stesso modo degli altri operatori economici, né più e né meno».

Le decisioni odierne, si legge in una nota di Bruxelles, «fanno seguito a recenti decisioni in cui la Commissione ha chiesto a Paesi Bassi, Belgio e Francia di abolire le esenzioni dall’imposta sulle società di cui beneficiavano i rispettivi porti. La concorrenza transfrontaliera svolge un ruolo importante nel settore portuale e l’Unione europea si è impegnata a garantire condizioni concorrenziali equilibrate in questo fondamentale settore economico. I porti svolgono sia attività non economiche che attività economiche».

Se quelle non economiche (sicurezza e controllo del traffico marittimo o sorveglianza antinquinamento) rientrano solitamente nell’ambito di competenza delle autorità pubbliche, e quindi non sono soggette all’applicazione delle norme Ue in materia di aiuti di Stato, lo sfruttamento commerciale delle infrastrutture portuali (come la concessione dell’accesso al porto dietro pagamento) costituisce al contrario – spiega ancora la Commissione – un’attività economica. Risultato: l’esenzione dall’imposta sulle società per i porti che realizzano profitti da attività economiche può rappresentare un vantaggio competitivo sul mercato interno e pertanto comporta un aiuto di Stato che potrebbe essere incompatibile con la normativa dell’Ue.

In Italia, ricorda Bruxelles, i porti sono integralmente esentati dall’imposta sul reddito delle società. In Spagna i porti sono esentati dall’imposta sul reddito delle società per quanto riguarda i loro principali cespiti, ad esempio le tasse portuali o i redditi derivati da contratti di locazione o concessione. «La Commissione ritiene, in via preliminare, che tanto in Italia quanto in Spagna i regimi fiscali vigenti concedano ai porti un vantaggio selettivo che potrebbe violare le norme Ue in materia di aiuti di Stato».
I due Paesi hanno ora due mesi di tempo per replicare.

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