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Primavera Covid, quanto ha perso il turismo secondo l’Istat

L’Istat rileva che la cosiddetta primavera Covid sarà ricordata a lungo dal settore turistico italiano. Un periodo dell’anno dove si concentra un quinto delle presenze turistiche nel nostro Paese, praticamente azzerato dall’emergenza del coronavirus. “L’arresto dei flussi turistici – si legge nel report – ha azzerato un’attività che proprio nel trimestre marzo-maggio ha la sua fase di rilancio stagionale, favorita dal susseguirsi di occasioni tra le festività pasquali e la Pentecoste (rilevante soprattutto per l’afflusso estero). Risulta quindi importante capire quale sia la dimensione della perdita associabile a tale periodo, facendo riferimento a ciò che era accaduto lo scorso anno”.

Nel trimestre marzo-maggio 2019 si erano registrate in Italia circa 81 milioni di presenze turistiche, pari al 18,5% del totale annuale. La media europea nello stesso trimestre è leggermente superiore (20,9%) perché tiene conto delle percentuali, più alte rispetto all’Italia, di alcuni Paesi come la Germania (23,5%), il Regno Unito (22,5%) e la Spagna (22,4%), dove la distribuzione del turismo nell’arco dell’anno è meno caratterizzata dal picco della stagione estiva.

La composizione della domanda di turismo in Italia indica che nella stagione primaverile la clientela estera è (con il 56% delle presenze) più rappresentata che nel resto dell’anno. Quanto alla tipologia di alloggio, a primavera le strutture alberghiere risultano di gran lunga le preferite, con una quota significativamente superiore a quella annua (70,6%). Nel complesso, in questo periodo si concentra il 21% delle presenze annuali nelle strutture alberghiere e circa il 23% delle presenze di clienti stranieri, a conferma dell’importanza di questo trimestre per il settore alberghiero e turistico.

Gli alberghi a 4 e 5 stelle sono gli esercizi ricettivi nei quali le presenze del trimestre raggiungono la quota più elevata rispetto al totale annuo (22,3%): contrariamente alle strutture extraalberghiere che, tra marzo e maggio, si attestano  sull’11% nelle strutture open air e sul 19% nei vari B&B e negli altri extra-alberghieri.

Altra indicazione interessante riguardo all’impatto economico della drastica riduzione dei flussi di turismo proviene dai dati sulla spesa turistica effettuata negli scorsi anni dagli stranieri, la cui misura è contenuta nell’indagine del Turismo Internazionale della Banca d’Italia. Nel 2019, la spesa complessiva dei viaggiatori stranieri in Italia a è stata di circa 44,3 miliardi euro; al suo interno la componente più consistente è stata quella per i servizi di alloggio, che ne rappresenta circa la metà, seguono la ristorazione con oltre un quinto del totale e, con quote inferiori, lo shopping e il trasporto.

Considerando il solo trimestre marzo-maggio del 2019, tale componente era risultata pari a 9,4 miliardi di euro. Quest’anno, nello stesso periodo, la quasi totalità del normale flusso di spesa effettuato da viaggiatori stranieri è destinato a risultare nullo.

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