by Gabriele Simmini | 17 Settembre 2018 16:54
E se il problema, ormai, fosse solo d’immagine, cioè uno dei tasselli fondamentali su cui è stata costruita la strategia Ryanair degli ultimi 15 anni? Un problema così grande da pensare che il ceo Michael O’Leary – con la sua comunicazione aggressiva, immediata, ironica ai limiti dell’arroganza – non sia più in grado di rappresentare la compagnia aerea irlandese nel nuovo corso fatto di regole più stringenti e accordi sindacali?
Il dubbio di una clamorosa separazione tra l’uomo che ha inventato il low cost e la sua creatura inizia a serpeggiare tra gli addetti ai lavori, sebbene non ci sia nessuna voce che ne abbia confermato l’ipotesi.
Eppure il prossimo 20 settembre Ryanair si appresta a vivere il consiglio d’amministrazione più convulso della sua storia. Non si tratta solo, infatti, di affrontare le cancellazioni dello scorso anno, le proteste di piloti e assistenti di volo, i mugugni dei clienti sulle policy bagagli cambiate per ben tre volte in 12 mesi e il primo mega-sciopero europeo del 28 settembre che coinvolge 5 Paesi. Persiste – a detta di analisti, investitori e media – un gap di reputazione e d’immagine che stenta a essere colmato nonostante gli ammiccamenti dell’ufficio marketing e le stoccate a mezzo stampa di O’Leary & Co.
Sebbene la compagnia resti profittevole e sia il secondo player continentale con circa 130 milioni di passeggeri annui, il cda del vettore potrebbe decidere di imprimere un radicale cambiamento alla struttura di Ryanair. Così radicale che, se la riunione a porte chiuse (anche per la stampa, ndr) prevista per giovedì prossimo assumerà i contorni di una resa dei conti interna, potrebbe cristallizzarsi l’ipotesi di una clamorosa “cacciata” del Re Mida O’Leary.
I segnali negativi rispetto al cda di Ryanair sono arrivati già negli ultimi giorni quando due suoi alti rappresentati, secondo quanto riporta il giornale spagnolo Preferente, hanno rassegnato le dimissioni. Si tratta dell’ex ministro irlandese delle finanze ed ex commissario europeo, Charlie McCreevy, e l’ex socio di PricewaterhouseCoopers, Declan McKeon.
Secondo alcune fonti riportate sempre da Preferente, gli azionisti dimissionari erano particolarmente infastiditi dalle particolari forme di gestione della compagnia aerea negli ultimi mesi. A quanto pare, inoltre, alcune società e fondi di gestione starebbero facendo pressione sugli azionisti affinché vengano sostituite alcune figure chiave della compagnia aerea. Tra questi, è possibile immaginare che ci sarà chi chiederà un passo indietro allo stesso O’Leary o a David Bonderman, il presidente di Ryanair.
In ogni caso, per quanto sia difficile credere che il cda possa chiedere la testa di Michael O’Leary, che nonostante tutto continua a portare in dote utili e dividendi molto golosi, è ipotesi plausibile che qualche suo stretto collaboratore possa essere sacrificato sull’altare della reputazione della comunicazione.
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