Professione guida turistica, i dubbi delle Regioni sulla riforma
Comincia a farsi sempre più strada, nel dibattito pubblico, la discussione sulla riforma della professione di guida turistica, che da tempo le associazioni di categoria (e molte aspiranti guide) denunciano come urgente. Adesso, entrano in gioco anche le Regioni, attori fondamentali per la definizione di una riforma condivisa. L’assessore abruzzese, Daniele D’Amario, coordinatore della commissione Turismo della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, proprio in questi giorni ha illustrato in audizione alla Commissione 10ª del Senato (Industria, Commercio, Turismo) la posizione delle Regioni in merito alle proposte di legge d’iniziativa parlamentare S 1921 e S 2087, considerate «simili e, in diversi aspetti, sovrapponibili».
Molti, gli aspetti critici dei due disegni di legge, evidenziati da D’Amario, che si fa portavoce di idee e proposte contenute nel documento approvato dalla Conferenza delle Regioni l’8 luglio e lasciato agli atti nell’audizione in Senato. In linea generale, le autorità locali condividono la necessità di regolamentare la professione di guida turistica, e di colmare un vuoto normativo che, di fatto, sta impedendo da molti anni l’accesso alla professione.
Molti però i dubbi riguardo i dettagli. Innanzitutto sulla formazione specifica, prevista da entrambe i disegni di legge, di una durata totale di 650 ore, necessaria per l’accesso all’esame di abilitazione. Su questo punto si evidenzia la necessità di un maggiore coinvolgimento delle Regioni. Le proposte di legge, infatti, prevedono che i corsi siano organizzati «dalle Regioni in convenzione con le Università». Queste modalità organizzative però, secondo D’Amario, «contrastano con la competenza esclusiva delle Regioni e sono potenzialmente lesive della libertà di concorrenza e parità di trattamento». Se si tratta di formazione professionale, cioè, questa dovrebbe essere organizzata e gestita all’interno delle procedure vigenti (accreditamento/autorizzazione). Se, invece, si tratta di formazione universitaria, allora va riportata chiaramente in quell’ordinamento. Di fatto, sottolinea D’Amario «alle Regioni si chiede di assumere l’onere organizzativo e il sostegno finanziario (disegno di legge S 2087) delle attività formative in deroga ai propri sistemi».
Molti poi i dubbi su come interpretare e individuare gli “ambiti territoriali di specializzazione” e come questi incidano sulla formazione. Non è chiaro se l’aspirante guida debba obbligatoriamente formarsi nel territorio dell’ambito di riferimento, e come debba fare in caso voglia formarsi in più ambiti. Peraltro, evidenzia D’Amario, circoscrivere l’esercizio delle guide turistiche all’area territoriale in cui si svolge la formazione andrebbe a comportare una discriminazione al contrario, verso le guide turistiche provenienti da altri stati dell’Unione europea, che secondo la direttiva europea relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali possono invece di diritto esercitare su tutto il territorio italiano la professione di guida turistica, seppure in forma occasionale e temporanea.
C’è inoltre il problema dell’ampliamento dei saperi della guida, che nelle proposte di legge investirebbero anche ambiti «demo-etno-antropologici, paesaggistici, produttivi ed enogastronomici territoriali», non definendo chiaramente uno standard professionale e le competenze, le abilità e le conoscenze necessarie, anche per disegnare un percorso formativo adatto.
Altre perplessità espresse dalla Conferenza delle Regioni riguardano la previsione di una frequenza obbligatoria dei corsi propedeutici all’esame, come previsto dai disegni di legge: «si è piuttosto dell’avviso di fissare e prevedere un piano di studi chiaro e certo finalizzato alla preparazione individuale all’esame, con la possibilità di offrire facoltativamente, a scelta dell’interessato, un eventuale corso di preparazione», si legge nel documento a firma della Conferenza delle Regioni.
Infine, viene evidenziata l’incoerenza tra i due disegni di legge, nel prevedere un esame di abilitazione a cadenza biennale (nel caso del S 1921) o bimestrale (S 2087).
Questi e molti altri i dubbi riguardo i dettagli di una riforma della professione di guida turistica, evidenziano la complessità di un tema che però può avere riflessi importanti su tutta la filiera turistica, sia al livello di costi che al livello di qualità dell’offerta.
Roberta Moncada: Sinologa ed esperta di turismo cinese. Ha vissuto diversi anni in Cina, per poi tornare in Italia, dove attualmente lavora per diversi Tour Operator come accompagnatrice turistica ed organizzatrice di tour ed attività enogastronomiche per turisti cinesi.
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