by Stanislao De Marsanich | 7 Maggio 2019 7:00
“On a dark desert highway, cool wind in my hair. Warm smell of colitas, rising up through the air”. Il controverso testo della mitica Hotel California degli Eagles (1976) racconta di un uomo stremato da un lungo viaggio che arriva di notte in un hotel avvolto dall’odore della marijuana, aroma caldo di colitas. Una leggenda che chi sosta presso l’omonima residenza del colorato e divertente villaggio di Todos Santos in Baja California, Messico, non può non rievocare. In realtà gli Eagles non indicarono mai la località della canzone e, anzi, fecero addirittura causa per raggiro ai proprietari dell’albergo che continuano sereni ad accogliere il visitatore con un educato “Welcome to the Hotel California” impreziosito da un sorriso smagliante al suono di una mission bell.
Vero o non vero, dopo chilometri di deserto interrotto di tanto in tanto da praterie di tabachín de la sierra, acacie verdi dai fiori gialli, e litri di Margarita e tequila pura, la suggestione e il dubbio che “This could be Heaven or this could be Hell”, sono inevitabili; ma è anche un attimo lasciare i versi di Don Felder, Don Henley e Glenn Frey per tornare alle pagine di John Steinbeck, il premio Nobel per la letteratura che anni prima approdò in Baja California in nave. Lui questi luoghi li ha vissuti di sicuro.
Nel “Diario di bordo dal Mare di Cortéz” del 1951 riporta della spedizione condotta nel 1941 con il biologo Ed Ricketts, e definisce non a caso le isole di questi lidi le “Galapagos del Messico”. La millenaria solitudine ha reso la penisola californiana unica dal punto di vista storico, naturalistico e paesaggistico con ben 5 Siti Unesco, 9 Riserve della Biosfera, l’unica barriera corallina del nord Pacifico e la riserva naturale più selvaggia dell’America Latina.
Le strade polverose attraversate da puma e antilocapre, i ritmi messicani, la siesta e le spiagge bianche che si immergono in tonalità di blu inaspettate, attraggono visitatori soprattutto dai vicini Stati Uniti e dal Canada; semplici villeggianti ma anche artisti, creativi, produttori e musicisti come Bono Vox, Peter Gabriel e Flea dei Red Hot Chili Pepper. Una mecca per chi cerca a “Walk on the Wild Side”, immerso in un lusso raffinato, circondato da persone ospitali, tradizione, autenticità e un permanente senso di pace condito da guacamole e piatti a base di pesce freschissimo.
Lo deve pensare probabilmente anche Steven Spielberg il cui mega yacht incrociamo all’imbocco del porto di La Paz diretti con un barchino fuoribordo all’Isla di Espiritu Santo, Riserva della Biosfera Unesco, un paradiso a tutti gli effetti, la cui spiaggia Ensenada Grande è giudicata da The Travel Magazine una delle dodici più belle al mondo. Non lontano da qui “c’erano molte mante che nuotavano lentamente, con solo le punte delle loro ali percepibili a pelo d’acqua”, scriveva Steinbeck nel suo “Diario di bordo dal Mare di Cortéz”.
Contraddizioni continue in un clima di frontiera da Tijuana, tristemente conosciuta per il muro che la separa dalla statunitense San Diego, a San Josè del Cabo. Origini antiche documentate dalle straordinarie pitture rupestri (Patrimonio Unesco) dei primi indigeni che vi ci si stabilirono, alcune delle quali raggiungibili solo a dorso di mulo o a bordo di divertenti dumbaghi. Popolazioni come quella dei Cochini, sterminate con la conquista spagnola guidata da Hernan Cortez nel 1532, seguito a ruota dai missionari gesuiti, francescani e domenicani, dai mercanti delle favolose “perle nere del Nuovo Mondo”, fino ai cercatori d’oro e d’argento.
Tagliati di netto dal Tropico del Cancro, i 965 chilometri dello storico Camino Real regalano panorami e momenti di raccoglimento che è impossibile non cogliere nei pueblos e nelle decine di missioni che da oltre 300 anni appaiono all’improvviso come miraggi tra le foreste di cactus giganti dominate dai picchi della Sierra che sfiorano i 2.000 metri. A sud, il villaggio fantasma di El Triunfo è oggi un ben organizzato museo minerario e conserva all’ombra della enorme ciminiera che si dice disegnata da Gustave Eiffel, una interessante collezione di documenti, fotografie, macchinari e numerosi pianoforti “da saloon” ottocenteschi che insieme danno un’idea di quanto dovesse essere dura la vita dei coloni durante la corsa all’oro.
Affacciata sulla omonima Baia della Pace, La Paz, capitale della Bassa California del Sud, è la base ideale per un viaggio indimenticabile. I due campi da golf ammirati dai giocatori di tutto il mondo, le strutture ricettive di alta qualità e l’organizzazione generale eco-friendly garantiscono un soggiorno coinvolgente. I tramonti che ogni sera allietano le passeggiate e gli aperitivi lungo il Malecón, il lungomare all’ombra della Cattedrale di Nuestra Señora de La Paz, anticipano una vita notturna ricca di attività culturali e ricreative.
Baja è la sesta regione al mondo per biodiversità, molte delle specie che vivono qui sono endemiche, 1.200 delle quali marine, illustra con passione e giusto orgoglio la guida del La Paz Tourism Board; il mare di Cortéz ospita il 30% delle specie di cetacei del pianeta ed è l’unico posto al mondo dove è possibile vedere nello stesso habitat balene grigie e blu, squali, capodogli, leoni marini e orche. Una perfetta spiegazione seguita da un’immediata ed emozionante verifica; nuotare in mare aperto con gli squali balena e giocare in acqua con i piccoli dei leoni marini mentre i genitori li controllano spaparanzati al sole sugli scogli a godersi la siesta è una esperienza senza eguali che forse solo “l’acquario del mondo”, come lo definì l’oceanografo Jacque Cousteau, può regalare.
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