Un business da capogiro: 152 miliardi di dollari. Soldoni veri per recensioni online false, come riferisce Il Sole 24 Ore, citando il report The State of Fake Online Review redatto da BusinessDit: il 30% delle recensioni dei clienti sul web sono da considerarsi taroccate. Dati non proprio da sottovalutare, visto che il 54% dei consumatori non acquisterebbe un prodotto se sospettasse di trovarsi davanti a giudizi fasulli. Tanto che ora anche l’Italia sta per correre ai ripari su questo fronte.
I giudizi espressi su viaggi, prodotti e ristoranti, insomma, si sono trasformati in parecchi casi in una trappola, specie con il boom del commercio elettronico, durante e dopo la pandemia. Alla faccia del vecchio ed efficace passaparola – e pure della trasparenza – quindi le fortune di un’attività dipendono in larga parte dai giudizi espressi sulle piattaforme dedicate. Tanto è vero che, secondo Seo BrightLocal, il 77% dei consumatori a livello globale consulta le recensioni prima di un acquisto, mentre la recensione positiva del 75% è determinante per chi cerca lumi.
Ma c’è da fidarsi? E, soprattutto, qual è il “giro d’affari” nelle singole voci? Prendiamo i ristoranti. Al Sole 24 Ore il direttore del centro studi Fipe-Confcommercio, Luciano Sbraga, ha spiegato che «le recensioni hanno conseguenze sul fatturato nell’ordine del 6-8% nei locali dove la clientela è fidelizzata. Dove è bassa o residuale si può arrivare anche al 20-30% dei ricavi. Si tratta di valori importanti che possono fare il successo o meno di un’azienda».
Non sono esattamente dettagli. Tanto è vero che, a marzo 2023, il Parlamento ha provato a mettere una toppa con il decreto legislativo numero 26, con cui ha recepito la Direttiva europea Omnibus, nata proprio per rafforzare la tutela nei confronti dei consumatori.
Bruxelles, infatti, ha votato l’astroturfing: si tratta di un fenomeno avvertito online, dove a volte il termine è usato in maniera restrittiva per caratterizzare le false impressioni positive di contenuti pubblicati in rete. Una strategia adottata per falsificare l’opinione comune su un prodotto per fini di marketing, che in Italia non prevede un reato specifico. Si può però incorrere nell’accusa di diffamazione, in caso di recensioni false, o di concorrenza sleale, con il successivo intervento dell’Antitrust, che può irrogare una sanzione, raddoppiata da 5 a 10 milioni di euro in caso di pratica commerciale scorretta.
Il governo ora sembra intenzionato a dare un giro di vite, specie dopo il suicidio di Giovanna Pedretti, la ristoratrice di Santangelo Lodigiano investita da una bufera mediatica. Il ministro del Turismo, Daniela Santanchè, prima ha annunciato di voler stroncare le recensioni fake sul web, poi ha convocato, l’8 febbraio, un tavolo con le principali associazioni di categoria del settore alberghiero, extralberghiero, del turismo organizzato, della ristorazione e del divertimento. Obiettivo varare in fretta una legge, in riferimento alla direttiva comunitaria del 2019/2161 e al conseguente decreto legislativo 26/2023 (codice del consumo). Iniziativa che ha riscosso il consenso unanime degli attori presenti al tavolo, fra cui Johnny Malerba – presidente nazionale Anbba, Associazione Nazionale B&B Affittacamere Case Vacanze Locazioni Turistiche – tra i primi a denunciare il fenomeno a “Porta a Porta”, su Rai 1.
Già, e le piattaforme? Nulla da dire a riguardo? In realtà Google, Meta, Booking, TripAdvisor, Trustpilot e Yelp si starebbero muovendo per contrastare le recensioni false online. Nel 2022 Amazon ha bloccato oltre 200 milioni di recensioni sospette, citando in giudizio più di 10.000 amministratori di gruppi Facebook. Google, invece, ha rimosso 115 milioni di recensioni false di hotel, ristoranti e aziende. Nell’ultimo Rapporto sulla trasparenza, Tripadvisor ha comunicato di aver rimosso 1,3 milioni di recensioni fasulle.
Non siamo ancora alla tolleranza zero, ma la strada sembra quella giusta.