Incoming or not incoming, questo è il problema. L’appeal dell’Italia resta immutato agli occhi dei turisti stranieri, ma le ferite del Covid non si sono ancora rimarginate del tutto, anche se il 2022 ha dato notevoli segnali di risveglio dopo le restrizioni dovute alla pandemia.
I primi 9 mesi hanno evidenziato un forte rialzo nel settore, ma senza recuperare ancora i valori pre Covid: le presenze negli esercizi ricettivi sono state 39 milioni in meno rispetto al 2019, negli hotel ne mancano ancora 35 milioni. Nello stesso periodo sono arrivati in Italia 164 milioni di stranieri, – 13,8% rispetto al 2019.
In prima fila gli spagnoli, innamorati delle città d’arte, in base alle cifre diffuse da Enit durante Fitur, la principale fiera del turismo internazionale che si è svolta a Madrid a gennaio: + 175,2% rispetto al 2021. Seguono i francesi, in base alle ricerche di alloggio su Google per i viaggi all’estero. Nei primi 6 mesi del 2022, hanno speso circa 1,6 miliardi di euro, il 180% in più rispetto a gennaio-giugno 2021.
Boom anche sotto le Feste, con oltre 274.000 prenotazioni tra Natale e l’Epifania, + 57,3% rispetto al 2021/2022. Raddoppiate le presenze degli americani sul 2021, +49,8%. A seguire Germania, +22,2%, e Regno Unito, +34 %.
«Segnali di un turismo italiano più che mai vivido e pronto a nuove sfide», ha commentato con soddisfazione il ceo di Enit Ivana Jelinic , che però avverte: «Non ci adagiamo sugli allori». Monito opportuno, perché c’è ancora da sistemare più di qualcosa a livello di incoming, spiega Dina Ravera, azionista di riferimento di Destination Italia, che pure da gennaio a novembre 2022 ha superato 27,4 milioni di euro di prenotazioni, +275% rispetto ai 7,3 milioni del 2021.
Numeri significativi, ma ancora non basta. «Solo nell’ultimo quarter del 2022 abbiamo rivisto l’incoming ai livelli pre pandemici. E’ partita subito bene l’Europa, il Nord America dall’estate, l’Australia da settembre così come i Paesi latino-americani. Le difficoltà sono legate al mondo orientale, Cina e Giappone, e poi ai russi, con arrivi assai ridotti rispetto alla situazione pre conflitto. Le premesse del 2023 restano però ottime: il mercato delle prenotazioni è partito benissimo, l’incoming di alto livello ha raggiunto numeri superiori all’epoca pre Covid ».
Per l’incoming in Italia restano molti limiti strutturali. «Il nostro mercato potrebbe aumentare di 100 miliardi l’anno, con un’incidenza di Pil significativa, soprattutto nel turismo di alto livello. Il potenziale c’è, ma servono interventi sui visti e incentivi fiscali per chi investe: nel giro di poco tempo l’Italia avrebbe lo stesso appeal di altri Paesi europei».
Un appello al governo, dunque, su cui concorda Chiara Gigliotti, general manager Carrani Tours: «Se le risorse destinate del Pnrr ammontano a 2,3 miliardi per questo settore, che è il 13,7% del Pil, qualcosa non funziona. E sul digitale siamo indietro rispetto a molti mercati».
Sui limiti dell’incoming post pandemia pesa un altro fattore. «Quello legato alle figure professionali e alla riqualificazione del personale, ma soprattutto manca capitale umano. Nonostante tutto, il 2022 è stata una sorpresa: nel 2023 non credo si arriverà ai numeri del 2019, ma ci avvicineremo a livello di turismo organizzato».
Di stagione 2022 «eccezionale, probabilmente irripetibile» parla anche Gino Acampora, titolare di Acampora Travel: «Abbiamo avuto un afflusso di gente inaspettato, nessuno poteva immaginare un ritorno così veloce e possente. Grande aspetto positivo il grande ritorno del mercato Usa: fondamentale il forte potenziale di spesa che i turisti americani hanno rispetto ad altri mercati». Anche per Acampora dalla finestra che si apre sul 2023 si ammira un panorama a tinte rosa: «L’anno si prospetta molto positivo, anche se non mancano le incognite legate alla guerra e al caro carburante, oltre ai tanti aumenti di costo che, purtroppo, incideranno molto sulla spesa dei viaggi».