Rischio crac per 100mila imprese.
Hotel e aeroporti in black list
Centomila. A voler essere precisi 99mila. Sono le imprese italiane a rischio default. Le società in bilico, tra il 2021 e il 2022, sono cresciute quasi del 2%, passando dal 14,4% al 16,1% (+11mila), con 11 miliardi di euro in più di debiti finanziari ora pari a 107 miliardi (10,7% del totale). Tra i settori più colpiti, alberghi (21,6% di aziende in difficoltà, +10%), fiere e convegni (25,5% di imprese, +8,9%) trasporti e in particolare – come dimostra il caos voli di queste settimane – la gestione degli aeroporti (34,8% delle società; +24,7%).
La fotografia del tessuto imprenditoriale, il cui stato di saluto è peggiorato proprio in questa fase di apparente rilancio, è scattata dall’Osservatorio Rischio Imprese del Cerved, secondo cui il peggioramento è più consistente tra le micro-imprese (dal 14,9% al 16,7%) e le piccole (dall’8% al 9,9%), già maggiormente colpite dalla pandemia e più esposte agli effetti dei rincari.
E nonostante restino lontani i picchi del 2020, quando le aziende potenzialmente rischiose erano addirittura 134mila (21,7%), l’inversione del trend preoccupa gli analisti. Se poi si considerano anche le società cosiddette “vulnerabili”, che nel triennio 2019-2022 sono passate dal 29,3% (181mila) al 32,6% (201mila), i debiti finanziari crescono di altri 195,8 miliardi di euro (+28 miliardi), pari al 19,5% del totale.
«Le tempestive misure di salvaguardia adottate durate la pandemia – spiega Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved – hanno contribuito a mettere in sicurezza il sistema, e il forte rimbalzo delle performance economiche legate agli effetti del Pnrr ha portato a disegnare scenari migliorativi. Tuttavia, le condizioni subentrate nei primi mesi del 2022 – dai rincari delle materie prime al conflitto russo-ucraino, insieme a inflazione, aumento del costo del debito, phasing out delle misure di sostegno – hanno minato la capacità di tenuta di un sistema produttivo già debilitato».
Sul fronte dell’occupazione, parliamo di oltre 3 milioni di lavoratori, quasi uno su tre (30,5%), impiegati in società fragili: infatti, agli 831.000 addetti delle imprese a maggior rischio (l’8,5%, +129mila persone rispetto al 2021), vanno aggiunti gli oltre 2,1 milioni che lavorano nelle società vulnerabili (21,9%, +228mila).
Le imprese fragili – come è facile immaginare – si trovano soprattutto al sud, dove costituiscono addirittura il 60,1% del totale, aggravando il già ampio gap con il nord Italia: le province con i peggioramenti più vistosi sono Isernia, la Sardegna meridionale con Cagliari, Matera, Foggia, ma anche Roma; mentre quelle con la maggiore quota di aziende a rischio sono Crotone, Terni, la stessa Isernia, Reggio Calabria, Messina, Siracusa e Cosenza.
Le stime i basano sull’analisi dell’andamento di 618mila società di capitale nel periodo 2019-2022 valutato attraverso il Cerved Group Score, un indice di rischio che calcola le probabilità di default delle aziende in chiave prospettica.