Nella contrattualistica per il settore della ristorazione entra di diritto la variabile legata alla stagionalità turistica. È quanto rilevato in un articolo di approfondimento apparso su Il Sole 24 Ore nel quale viene evidenziato che il legislatore, affidando a imprese e sindacati, un ruolo nella definizione delle causali per i rinnovi dei contratti a termine oltre i 12 mesi, ha lasciato che nelle decisioni potessero emergere le specificità e le esigenze di ogni settore.
Ciò si evince in uno degli ultimi grandi contratti rinnovati, che interessa l’ampio comparto di ristorazione, pubblici esercizi e turismo, siglato da Fipe (la Federazione di Confcommercio che rappresenta il comparto) e Filcams, Fisascat e Uiltucs e che riguarda 330mila imprese e oltre 1 milione di lavoratori. Sulla flessibilità che riguarda i contratti a termine e in somministrazione, le parti hanno infatti deciso di proseguire in continuità con le regole del contratto 2018.
Il perimetro di applicazione del contratto Fipe include le imprese della ristorazione – tradizionale, commerciale e collettiva – le attività di pubblico esercizio, come locali da ballo e discoteche, le imprese balneari e le gaming hall, e adesso anche il comparto del banqueting e del catering. Tutte attività dove l’impatto dei picchi lavorativi e della flessibilità è forte.
«In materia di contratti a termine e somministrazione il contratto precedente, firmato a febbraio del 2018, aveva già disciplinato entrambe le tipologie contrattuali, oltre che il cosiddetto lavoro stagionale – sottolinea il presidente di Fipe, Lino Stoppani – Sono confermate le previsioni che riguardano la stagionalità a tempo determinato, che è tipica del settore, così come l’apprendistato stagionale e il lavoro extra che consente di svolgere prestazioni non superiori ai tre giorni, come nel caso degli eventi. Con il rinnovo, la strada scelta è stata quella della continuità, proseguendo con lo stesso impianto contrattuale».
Rimane poi particolarmente attuale il tema del fabbisogno di lavoratori poiché nel periodo estivo si stimano annualmente almeno 275mila assunzioni, di cui due terzi proprio nella ristorazione, ma le imprese lamentano scarsità di profili professionali necessari ad affrontare con alti standard di qualità i picchi stagionali.