La calza è bianchissima. Ho quasi paura di sporcarla. Ha lo spazio giusto per alloggiare comodamente l’alluce e infilare con disinvoltura i geta, i sandali di legno a metà tra lo zoccolo e l’infradito. È questo l’ultimo passaggio della vestizione del kimono, un rito lungo, complicato e magico.
È stata una delle esperienze più affascinanti inseguendo la Golden Route, quella considerata la strada d’oro per il turismo in Giappone, che collega l’immensa Tokyo a Kyoto e Osaka. A me è toccata provarla in uno dei negozi più famosi di Kyoto: prima si sceglie il colore dell’abito, accarezzando la morbida seta che scivola tra le dita, poi si sta quasi un’ora in piedi sul tatami mentre intorno ragazze dagli occhi a mandorla, veloci e silenziose, ti stringono in tremila lacci.
Una tortura, ma basta guardarmi allo specchio e capire che ne è valsa la pena. Il Paese del Sol Levante è così: un attimo prima sei sotto un grattacielo della Sony a interagire con un robot inforcando gli occhiali virtuali e subito dopo ti ritrovi in un giardino zen senza tempo a osservare per ore dei fiori di loto. Tradizione e modernità, nella stessa giornata, spesso interminabile.
Dalle luci a neon e le insegne giganti di Dōtonbori a Osaka, mangiando tranci di pesce che se cotti male ti fulminano all’istante, alle lezioni di meditazioni zen guardando la cima del Monte Fuji, simbolo di questo meraviglioso Paese, al relax provato nell’onsen, le terme di acqua calda che rigenerano corpo e mente: un viaggio qui è una cura anche per lo spirito. Jā ne (A presto).