Ufficialmente è “Le Terre del Tartufo in tour”, in omaggio al “Re” del territorio. Ma lo hanno ribattezzato il tour della rinascita, come il Giro di Francia del 1999. La strada poco clemente che fa sobbalzare la navetta dei giornalisti diretta a Camerino suggerisce il paragone, anche se qui siamo sui tortuosi tornanti delle colline marchigiane e non sulla leggendaria salita del Col d’Aspin. Allora il patron del Tour, Jean-Marie Leblanc, scelse quella definizione catartica per recidere di netto il cordone ombelicale dalla corsa dell’anno precedente, devastata dal doping. Lance Armstrong raccolse la corona nel fango e la cinse sette volte di fila: sembrava un mito, invece era tutto finto. Qui invece sette anni fa non c’era fango, ma polvere e disperazione ed era tutto vero, non finto. È ora di tornare al press tour – organizzato dal deus ex machina di Tipicità Marche, Angelo Serri – e rimettere le lancette dell’orologio al 26 ottobre 2016.
Pioveva, come piove ora, quando a Camerino mancano 17 km. La terra trema una prima volta alle 19, magnitudo 5.3: abitanti e studenti in fuga, crolli ovunque, nessuna pietà per la culla di una delle Università più antiche del mondo. Alle 21,18 arriva la seconda scossa, 5.9: un campanile si abbatte su una casa, ma gli occupanti sono già fuori. Il 30 il sisma tocca i 6.5 a 10 km di profondità. Non ci sono vittime, ma lo sfregio e il dolore restano, li scorgi negli occhi dell’assessore al Turismo, Silvia Piscini, ad esempio: nel silenzio surreale della zona rossa indica la sua abitazione, a due passi da Palazzo Ducale: «Ho afferrato il telefono al volo, mi sono precipitata fuori e ho abbracciato il primo che passava. Nella testa sento ancora il rumore dei trolley degli universitari in fuga che calpestano il selciato».
Alle porte Camerino esibisce un biglietto da visita sintomatico: un altro campanile crollato adagiato accanto a una chiesa. Uno sguardo al paesaggio mozzafiato: siamo nel cuore della Sinclinale Camerte, l’unica vallata di grandi dimensioni che si estende da nord a sud, con un sogno nel cassetto: la candidatura a Patrimonio Unesco. Le gru svettano a decine, simbolo della sofferenza e della città che rinasce, ai piedi del centro storico la vita scorre nei villaggi Sae (Soluzioni abitative di emergenza) riservati agli sfollati. Al Sottocorte Village, l’area commerciale, il compito di restituire una parvenza di normalità alla comunità stordita.
Normalità che passa dal rilancio del territorio e riemerge nelle tappe del tour per i giornalisti, ospiti del rush finale dell’evento ottobrino per riscoprire il “gusto” vero della Marca (porzione delle Marche, per intenderci). Perché, sottolinea Serri, «Le Terre del Tartufo diventa un brand che lavora per la rinascita e riguarda anche i sapori della tradizione». Il palato viene soddisfatto, eccome: dai venti tipi del torrone Francucci alla Pasta di Camerino, terzo player italiano di pasta all’uovo, fino alla “Camerinata” distribuita da chef Mariola nello spazio centrale della “città nuova”, dimensioni identiche a piazza Cavour.
Per il cuore, invece, un pieno di emozioni in 48 ore. Il sindaco, Roberto Lucarelli, guida i cronisti all’Università, dal primo novembre nelle mani del nuovo Rettore, Graziano Leoni: siamo nel Chip, l’edificio ne ricorda la forma. «La sede iconica è Palazzo Ducale, ma presto ci torneremo: con il sisma abbiamo perso il 67% degli spazi. Vogliamo ampliare il Campus, che prima ospitava 1.800 studenti». Poi le emozioni diventano musica, grazie all’esibizione alla batteria di Filippo, 9 anni, un bambino “iperattivo” ammirato all’Accademia della Musica della “Andrea Bocelli Foundation”. Le sue percussioni sono la risposta più coraggiosa alle scosse, il suo sorriso il poster della città indomabile.
Per guardare con ottimismo al futuro servono fiducia e speranza, le armi di Fra Sergio Lorenzini, ministro provinciale dei Cappuccini delle Marche, che ci accoglie al convento di Renacavata. In vista del cinquecentenario dell’Ordine, nel 2028, i Cappuccini hanno avviato “Marche culla dei Cappuccini“, il “cammino” che si snoda per 400 km da Fossombrone ad Ascoli. Sono già passati 500 pellegrini nel convento, dove sono sei i frati, che al tempo del terremoto portavano il tè agli sfollati. Tè e non il cappuccino, curioso. Sapevate che si chiama così perché “l’invenzione” risale all’Ordine? Nel 1683 il frate Marco d’Aviano, inviato a Vienna per cementare la Lega Santa contro l’Impero Ottomano, suggerì di aggiungere il latte al caffe che trovava amaro e la bevanda prese il nome dal colore del saio dei frati. La rinascita passa anche da un cappuccino.
Parla il sindaco: «Il sogno? Una città con 15.000 abitanti»
“Mission Possible”: Camerino con 15.000 abitanti. Classe 1981, sindaco dal 13 giugno 2022, Roberto Lucarelli guarda oltre l’orizzonte, oggi offuscato da gru e macerie. L’obiettivo è triplicare gli attuali 4.500 residenti, numero irrobustito dai 2.000 studenti che frequentano Unicam. «Sì, il sogno è quello – ammette mentre ci accompagna in una ricognizione all’interno della zona rossa – dobbiamo frenare l’emorragia dai comuni montani verso il mare».
Il Rettore, Graziano Leoni, sostiene che «siamo passati dalla fase della ricostruzione a una ripresa lenta ma importante». Lucarelli concorda: «Grazie alla sinergia con l’Ateneo portiamo avanti il discorso d’inclusione tra città e universitari, perché devono essere l’uno il volano dell’altro. È vero che ora ci manca la parte storica della città, ma la grande sfida che abbiamo davanti è proprio questa: valorizzare il presente per riappropriarsi del futuro».
Anche l’Università icona di resilienza
687 anni e non sentirli. Le ferite inferte dal terremoto non tolgono nulla al fascino dell’Università di Camerino, Unicam, una delle più antiche del mondo. Fondata nel 1336, è attualmente fuori dal Palazzo Ducale, nel cuore del centro storico, e ha issato il suo vessillo ai margini della città.
Cinque i dipartimenti, cui afferiscono 30 corsi di laurea: quello di Scienze gastronomiche, attivato nel 2018, è già un’eccellenza. Dal 2016 l’Ateneo rappresenta anche un simbolo di resilienza: le immatricolazioni, infatti, sono cresciute del 20% nel post sisma. La cultura che sconfigge la paura.