Rubrica Fiscale: anche Booking si adegua alla normativa europea sull’Iva
Il quesito di oggi.
[da agenzie di viaggi e consolidatori alberghieri].
Negli ultimi mesi molti quesiti (e molti articoli conseguenti di questa Rubrica Fiscale) si sono concentrati sul trattamento fiscale degli acquisti e delle vendite da e per l’estero di servizi turistici. Materia quotidiana per le agenzie di viaggi, ma che riguarda anche i cosiddetti consolidatori alberghieri o siti internet di prenotazione alberghiera, qualcuno dei quali si è rivolto anche a noi per quesiti su come operare in Italia. La materia richiede l’applicazione sia della complessa normativa Iva europea sui servizi, sia delle regole del cosiddetto “nuovo esterometro” decorrente dal 1° luglio 2022 in Italia.
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La nostra interpretazione.
La complessità fiscale della materia in oggetto deriva dalla definizione e rinegoziazione fra gli Stati UE della territorialità delle operazioni Iva nei servizi, fissata da ultimo con alcune direttive UE del 2008 recepite in Italia nel 2010, che hanno indotto le modificazioni della famiglia degli artt. dal 7 al 7septies del DPR n. 633/1972.
Ultimamente uno dei maggiori siti di teleprenotazione alberghiera, Booking.com B.V. (con sede fiscale nei Paesi Bassi, dove la Besloten Vennootschap è una forma societaria simile alla società a responsabilità limitata italiana), ha comunicato ai partner alberghieri che dal prossimo 1° maggio 2023 vi sarà una modificazione nella fatturazione. La quale a nostro avviso e come già avevamo riferito ai consolidatori che ci avevano interrogati in materia, altro non è che un adeguamento (tardivo) alle norme europee da tempo in vigore. Della stessa opinione è anche Federalberghi, che aveva presentato in tal senso una segnalazione all’Agenzia delle Entrate già nel 2016 e che ora “si augura che si provveda presto anche a mettere in regola le partite pregresse”.
Per inquadrare il problema fissiamo l’attenzione sui servizi alberghieri e assimilati e distinguiamo anzitutto fra i servizi stessi e la loro intermediazione, poiché sono differentemente normati. L’art. 7quater del citato DPR n. 633/1972 stabilisce che i servizi alberghieri sono territoriali ai fini Iva nello Stato ove è ubicata la struttura che rende il servizio (e lo stesso vale per i servizi di ristorazione).
Pertanto gli alberghi e i ristoranti italiani rilasciano ai clienti i documenti commerciali (ex ricevute fiscali) attestanti l’invio del corrispettivo elettronico, corredati anche di fattura se richiesta dal cliente (ma obbligatoria se il cliente è un soggetto con partita Iva). I documenti commerciali vanno emessi ai clienti finali fruitori del servizio, anche nel caso in cui la prenotazione sia pervenuta tramite una agenzia di viaggi che ha dichiarato di operare in intermediazione, ossia in nome e per conto del cliente finale, e devono essere gravati di Iva alberghiera (attualmente nella misura del 10%) indipendentemente dal fatto che il cliente sia italiano o straniero.
Se invece l’agenzia si dichiara essa stessa cliente in quanto lavora in compravendita, allora l’albergo rilascia al fruitore del servizio un documento commerciale recante la dicitura “corrispettivo non pagato” ed emette la fattura al cliente agenzia.
Vediamo ora il servizio di intermediazione prestato all’albergo dalle agenzie di viaggi (e tali sono per la legislazione UE anche i consolidatori e ii siti di teleprenotazione). Esso è remunerato con un apposito compenso di intermediazione o provvigione (noi preferiamo non usare il termine “commissione” che potrebbe confondersi con il vero e proprio “contratto di commissione” ex art. 1731 c.c. e si contabilizzerebbe in modo diverso; ma non è questo il caso). Tale prestazione viene resa fra imprese ed è quindi normata dall’art. 7ter comma 1 lettera a): “Le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato”.
Quindi se l’intermediazione è resa a favore di un albergo italiano, essa sconta l’Iva in Italia con aliquota ordinaria del 22% e l’agenzia intermediaria italiana emetterà all’albergo una fattura di provvigione gravata di Iva al 22%.
Invece il consolidatore alberghiero estero emetterà all’albergo italiano una fattura di provvigione non assoggettata a Iva, mentre l’albergo italiano che la riceve la assoggetterà a reverse charge (entro il 12° giorno dalla ricezione) al fine di assolvere l’Iva in Italia, e inoltre invierà il file elettronico in formato autofattura al Sistema di Interscambio al fine di assolvere l’obbligazione del “nuovo esterometro”. A tale fine però l’albergo italiano deve qualificarsi all’operatore estero come soggetto passivo d’imposta in Italia, comunicando una partita Iva italiana validata per le transazioni in UE (sistema VIES).
In mancanza, per l’operatore estero la transazione non sarà più B2B bensì B2C e quindi ricadrà nell’art. 7sexies comma 1 lettera a) del DPR n. 633/1972: poiché essa resta assoggettata a Iva in Italia, sarà l’operatore estero a doverla fatturare con aliquota Iva italiana del 22%, riscuoterla e poi versarla al fisco italiano, a tale fine identificandosi ai fini Iva in Italia.
Da ultimo: se un’agenzia di viaggi italiana intende utilizzare un servizio alberghiero italiano per confezionare un pacchetto turistico, è opportuno che riceva la fattura d’acquisto dall’albergo o da altro soggetto italiano, altrimenti dovrà applicare il reverse charge dell’Iva alla fattura proveniente dal fornitore estero (vedi Quesito Fiscale 09 dicembre 2022), gravandosi del costo dell’imposta.
La Newsletter del Centro Studi ©Advmanager, 07 aprile 2023, n. 93 (Rubrica Fiscale n. 21)
Francesco Scotti senior advisor L. n. 4/2013, coordinatore
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