L’argomento di oggi.
[Da G.R. agente di viaggi in provincia di Latina].
Nel 2019 la mia agenzia ha realizzato circa 40.000 euro di fatturato da provvigioni autofatturate (muovendo un giro di affari di circa 400.000 al 10% medio di commissioni riconosciute) e circa 150.000 euro di fatturato 74ter (organizzazione), con circa 135.000 euro di costi 74ter. Nel 2021 l’agenzia ha fatturato 7.000 euro da provvigioni autofatturate (muovendo un giro di affari di circa 70.000 euro al 10% medio di commissioni riconosciute) e circa 130.000 euro di fatturato 74ter con 115.000 euro di costi 74 ter.
La differenza tra i due fatturati è stata circa del 28%, impedendo quindi di accedere al contributo. Ma come si può evincere chiaramente dai dati, il volume movimentato nel 2021 è stato di gran lunga inferiore al 30% rispetto al 2019: 200.000 euro contro 550.000 euro. La diversa modalità contabile (autofattura provvigionale oppure corrispettivo 74ter) tra un anno e l’altro influisce sul fatturato, ma non sulla reale consistenza dei volumi realizzati e quindi non può, a mio avviso, andare a compromettere la partecipazione al bando, creando uno svantaggio competitivo tra agenzie stesse.
Da più parti (consulenti) si dice di considerare il valore VE50 della dichiarazione Iva, che indica il volume d’affari, ma a mio avviso questo dato non può esser preso a riferimento in quanto non considera la differenza di cui sopra. Si potrebbe eventualmente considerare il modello degli ISA dove si indica il volume lordo intermediato.
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La nostra interpretazione.
È sempre opportuno preliminarmente richiamare le corrette modalità di calcolo dei fatturati, per le due annualità 2019 e 2021, per data di effettuazione delle operazioni ai fini Iva o data del momento impositivo, prescritte dall’art. 3 comma 1 del Decreto 28.06.2023, descritte nello scorso articolo del 01.09.2023 e non sempre coincidenti con le date di registrazione delle fatture. In particolare, in presenza di operazioni in regime del margine 74ter, il rigo VE50 della dichiarazione Iva non rappresenta il volume delle operazioni effettuate nel periodo d’imposta, bensì quello delle operazioni liquidate, e questo in ragione dello “scivolamento” di un mese della liquidazione dei corrispettivi 74ter maturati nel mese precedente.
A parte ciò, il caso posto dall’agenzia laziale esemplifica emblematicamente la discriminazione a sfavore dell’attività di intermediazione rispetto a quella di organizzazione, presente in tutti i ristori Covid-19 durante i due anni di pandemia e che noi evidenziammo nel nostro documento tecnico del 18.12.2020 inviato alle Autorità e alle Associazioni. Un primo tentativo di rimediare allo squilibrio ci fu con il decreto n. 281 del 14.05.2021, però poi subito ritirato dal Ministro nell’agosto successivo per ragioni di irregolarità formale.
Il ristoro attuale recupera meritevolmente il problema ma, come ben dice l’agente laziale, “va a correggere la stortura della diversa modalità di fatturazione solo ai fini del calcolo del contributo, ma non anche ai fini della determinazione globale dei fatturati” dei due esercizi da comparare. Vizio non banale poiché l’esempio dimostra che con una perdita di volume delle vendite di ben il 57%, l’agenzia perde solo il 28% in termini di fatturato e resta esclusa dal contributo.
Resterebbe comunque aperta la questione di come determinare in modo probatorio il volume delle vendite di intermediazione, di cui secondo le correnti impostazioni contabili si rilevano solo le componenti economiche, cioè i compensi pagati dal cliente (diritti d’agenzia) e dai fornitori (provvigioni). I dati ISA non sono utili allo scopo in quanto sono dati statistici extracontabili e non probatori. La soluzione contabile da noi proposta, e concretamente realizzata per i nostri clienti, è l’emissione e contabilizzazione per ogni pratica di intermediazione di un documento commerciale che riporta non solo la componente economica dell’operazione (il diritto d’agenzia pagato dal cliente), ma anche l’anticipazione che il cliente mandante paga all’agenzia mandataria quale provvista per l’acquisto del servizio, vale a dire appunto il valore del servizio intermediato.
Passando all’aggiornamento sulle FAQ, nell’ultima versione del 04.09.2023 il Ministero ha fornito le seguenti indicazioni, oltre a quanto già in precedenza chiarito.
- L’indicazione dell’attività primaria o prevalente identificata dal codice Ateco 79,1, 79,11 o 79,12 deve evincersi dal Registro delle Imprese (quindi è bene controllare una visura CCIAA recente).
- I “professionisti abilitati” titolati a firmare digitalmente l’Allegato 2, finalizzato a certificare i dati economico-contabili dichiarati in sede di istanza, devono essere “esclusivamente i commercialisti iscritti all’albo professionale” (quindi non sono ammessi altri soggetti, per quanto abilitati a fungere da intermediari fiscali, quali ad esempio i CAF, i consulenti del lavoro, gli avvocati fiscalisti).
- Per il commercialista resta allora il problema di meglio definire giuridicamente cosa si intende per “certificazione o attestazione della veridicità dei dati economico contabili” riportati nell’istanza: 1) che sono dati conformi ai registri Iva e ai dichiarativi; 2) oppure che sono veri e reali in relazione all’attività aziendale (il che richiederebbe una sorta di revisione contabile)?
Su questi e altri punti segnalati da noi e da altri colleghi il Ministero del Turismo ha promesso un aggiornamento delle FAQ in un webinar indetto per il prossimo mercoledì 13.09.2023 (dopo oltre un mese dall’apertura della piattaforma online e a soli 8 giorni dalla sua chiusura!).
La Newsletter del Centro Studi ©Advmanager, 08 settembre 2023 n. 103 (Rubrica Fiscale n. 31)
Francesco Scotti senior advisor L. n. 4/2013, coordinatore
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