by Andrea Lovelock | 28 Marzo 2022 14:00
Come per molti territori e per molti settori il Pnrr è l’ultima chiamata utile per uno sviluppo vincente: lo è soprattutto per una regione come la Sardegna che almeno oggi non deve affrontare la destagionalizzazione, bensì deve attrezzarsi per “stagionalizzare” – ovvero recuperare il tanto terreno perduto in soli due anni – per ripartire con altre logiche.
Dai 15 milioni di presenze del 2019 l’isola è passata ad appena 6 milioni nel 2020 con una operatività che, già ridotta nel recente passato, si è ulteriormente assottigliata ad appena 40-50 giorni di picco. E così non va: lo hanno detto a chiare lettere i vari relatori intervenuti alla Sardinia Travel Conference, dove ha “brillato” per la sua assenza la Regione Sardegna, proprio quell’interlocutore pubblico in grado di risolvere una volta per tutte tante incognite, prima fra tutte l’annoso problema della continuità territoriale che tarpa le ali alle iniziative di compagnie aeree[1] e marittime di creare un’adeguata offerta trasporti e portare nuovi flussi di turisti nell’isola.
Un’assenza giudicata «vergognosa» dagli imprenditori turistici che ancora credono nella Sardegna e nel suo potenziale turistico come Paolo Manca (presidente Federalberghi Sardegna). «Nella nostra isola ci sono due problematiche da affrontare: una di natura costituzionale perché la Regione, con le risorse di cui dispone (9 miliardi di euro) potrebbe fare molto di più per il settore e di certo i privati non possono sostituirsi ad essa per dotare la Sardegna di servizi d’accoglienza e programmi esperenziali – sostiene Manca – L’altro è di natura finanziario: dobbiamo assicurare agli investitori privati una stagionalità lunga, la fruibilità dell’isola per quasi tutto l’anno, altrimenti viene meno l’interesse a spendere per strutture e servizi di qualità».
Ma c’è anche chi, come Andrea Azzeri di FA Travel, ricettivista doc, rileva delle assenze di organismi strategici nell’isola come un Convention Bureau in grado di promuovere ed intercettare nuovi target. Molto duro, poi, il giudizio dei tour operator, a partire da Massimo Diana di Ota Viaggi: «È più di un decennio che in Sardegna si sente parlare delle stesse problematiche e succede ben poco. Qualche esempio? Come possiamo parlare di allungare la stagione se la rotta Verona-Olbia viene concessa solo dai primi di maggio ai primi di settembre? Come potrebbe portare più clienti un operatore come Ota Viaggi che per la stagione estiva 2022 ha già investito in 4.200 camere vuoto per pieno? Come si possono portare i turisti a Iglesias o a Cagliari se nel trasporto marittimo la continuità territoriale viene concessa con frequenza solo trisettimanale, e mai di domenica con una sola nave da Civitavecchia? Per non parlare poi dei mercati esteri: come posso interloquire con i miei partner europei che chiedono le tariffe del 2023 se io non so nemmeno quali voli ci saranno nel 2022? Mi chiedo se qualche amministratore pubblico, e non solo in Sardegna, conosca davvero le dinamiche e le tempistiche del turismo organizzato».
Ancor più duro il professor Gaetano Casertano che ha portato la testimonianza di Veratour, altro importante operatore-investitore sulla Sardegna: «Grazie a famiglie come quella dei Pompili che ha aperto un villaggio a San Teodoro o degli Aprea di Ota Viaggi, la Sardegna può continuare ad avere investimenti mirati e produttivi. E dico questo perché la logica finanziaria direbbe di non fare certi investimenti se non c’è continuità. Qual è allora la chiave di volta che potrebbe, in Sardegna come in Italia, risolvere un bel po’ di problemi nei punti critici infrastrutturali, dagli aeroporti ai porti? La risposta è nell’acronimo più popolare di questi tempi: Pnrr. In questo piano ci sono 2,6 miliardi di euro per il turismo e possono servire, se ben spesi, a rendere attiva la capacità ricettiva: questi del Pnrr non sono soldi a debito, ma sono risorse per l’allestimento di infrastrutture efficienti».
Per Casertano, quindi, «non c’è mai stata nella storia italiana una simile opportunità, ovvero la capacità di sviluppare e innovare le infrastrutture e servizi a condizioni ottimali. Quindi c’è la possibilità anche per la Sardegna di giocare una partita decisiva. Il passaggio successivo è quello di fare rete con strumenti digitali il che significa sfruttare un nuovo modo di presentare il turismo e venderlo al meglio sul mercato globale. Oggi che la vacanza non si vuole più fare ma “vivere”; l’Italia e la Sardegna possono giocare un ruolo strategico. Ma l’elemento infrastrutturale deve prendere forma con il Pnrr, e quindi con fondi che non sono solo con finalità turistiche, ma di più largo respiro. E teniamo conto poi che da quest’anno ai prossimi due, tre anni, si affacceranno sul mercato nuove destinazioni molto competitive e quindi non basterà più vendere la Sardegna per il suo mare».
Ancora più circostanziato l’intervento di Massimo Zanon di Bluserena: «Dal punto di vista degli investimenti per destagionalizzare il prodotto, c’è l’imperativo di convincere gli stranieri a venire fuori stagione con prodotti appetibili, o meglio con un’offerta complessiva di appeal. Perché alla fine i turisti europei fanno vacanze molto simili anche temporalmente. Poi ci vogliono escursioni, servizi accessori intorno all’albergo. Non basta tener aperte le strutture ricettive, il bel mare. Vogliono andare in giro e visitare luoghi interessanti con la adeguata assistenza».
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