Sedili più stretti, maggiori profitti: la mossa dei vettori asiatici
Sempre meno spazio per le gambe a bordo degli aerei, soprattutto per chi viaggia in Economy: così le compagnie aeree cercano di creare maggiori profitti con la promessa di abbassare i costi delle tariffe medie per i passeggeri.
Se l’azione di ridurre gli spazi tra i sedili per aumentare la capienza nasce negli Usa e diventa prassi in Europa – soprattutto tra i leader del low cost (Ryanair in primis), ora il concetto diventa sempre più estremo in quello che è il più grande mercato (presente e futuro) dell’aviazione: l’Asia.
Messe in soffitta eventuali proposte di vendere “posti in piedi” sugli aeromobili, alcuni vettori hanno lavorato centimetro su centimetro sull’aggiunta di una nuova fila di sedili o su soluzioni alternative.
La compagnia a basso costo filippina Cebu Pacific Air, per esempio, ha chiesto al produttore europeo Airbus di spostare cucine e servizi dai suoi A330neo per far spazio a 20 posti a sedere in più. In questo modo – secondo quanto riporta il sito del quotidiano La Repubblica – la nuova capienza di un singolo aeromobile con classe unica raggiungerebbe quota 460 passeggeri. Una mossa che vedrà sacrificar ancor di più lo spazio a disposizione per le gambe dei viaggiatori seduti a bordo, poiché usufruirebbero di uno spazio che non supera i 40 centimetri. Una misura che la stessa Airbus considererebbe fuori dagli standard minimi di comfort.
Secondo il quotidiano di Viale Cristoforo Colombo, inoltre, altre compagnie asiatiche starebbero rispondendo alla sfida comprando velivoli più capienti. Cathay Pacific, per esempio, ha iniziato già qualche anno fa a inserire un sedile in più tre le file dei Boeing 777, togliendo un pollice di spazio a tutti gli altri sedili (circa 2,5 centimetri).
La società di ricerca statunitense Landrum & Brown ha analizzato proprio questo fenomeno di “ristrettezza” che si è instaurato via via nel settore aereo. All’inizio degli anni 2000, le file in classe Economy avevano una distanza che oscillava tra i 34 e i 35 pollici (86-89 centimetri). Nel giro di un ventennio la distanza media si è ridotta a 30-31 pollici (76-79 centimetri), e in alcuni casi nel corto raggio si arriva anche a una distanza media di 71 cm.
Una corsa al minor spazio possibile che promette più incassi per le compagnie su ogni singolo volo, anche a costo di generare maggiore insoddisfazione nella clientela. Ma in Asia sono convinti, sempre secondo La Repubblica – che la strategia funzioni perché dedicata alla nuova classe media che avrebbe maggior interesse a risparmiare sul biglietto, pur di viaggiare, cedendo qualcosa dal punto di vista della comodità. Inoltre, giocherebbe a favore delle compagnie il fatto che la stazza dei passeggeri asiatici sia in media meno ingorgante che in Occidente.
In ogni caso, la carta vincente di questo processo “restrittivo” sembra essere sempre il solito: il prezzo finale per il cliente. La compagnia australiana Quantas sostiene che, aggiungendo più sedili a bordo il costo dei voli internazionali si sia dimezzato rispetto a 10 anni fa. Cebu Pacific Air, dal canto suo, propone tariffe al di sotto dei 100 dollari per voli tra la Cina e le Filippine (Shangai-Manila, per esempio). Il prezzo da pagare in più, forse, sarà quello di un po’ di dolori alle ginocchia.