by Gabriele Simmini | 10 Ottobre 2017 7:00
Un upgrade per Ryanair, che prenderà esempio dalle compagnie classiche. Sembra impossibile, ma il caos cancellazioni impone un cambio di marcia al modello low cost tanto vincente di Michael O’Leary. Non sarà una rivoluzione, ma forse il basso costo deve lasciare il passo a un modello ibrido, a un equilibrio tra pricing e servizi, qualità del lavoro e brand, un middle cost model, insomma.
Le compagnie legacy messe in crisi proprio dalle low cost negli anni hanno virato verso un modello misto per cercare di recuperare le quote di mercato perse: così sono nate le linee aeree sorelle (più flessibili e utili al corto raggio), le ancillary e i servizi a pagamento, la premium economy e le tariffe sempre più dinamiche. Ora tocca a Ryanair & Co. varare un sistema più equilibrato, forse moderato, soprattutto se il gigante irlandese cresce così velocemente da rendere quasi insostenibile il suo modello tutto margini di fatturato e pricing aggressivo, a scapito di servizi a terra e in volo e dei diritti dei dipendenti. Il trasporto aereo infatti, seppure faccia registrare numeri da capogiro, non è immune a una tendenza che sta interessndo già le crociere, con la fine della corsa al ribasso dei prezzi, e il tour operating, con un advanced booking che premia ma non crea voragini di prezzo tra vari clienti.
Le oscillazioni del prezzo del petrolio, una legislazione europea più attenta ai contratti di lavoro e una concorrenza più agguerrita delle legacy a vari livelli sono alcune delle ragioni che impongono un upgrade al low cost, Ryanair in primis, per evitare quello che è accaduto con Monarch Airlines, fallita pochi giorni fa.
Un modello ibrido, quindi, che sappia coniugare il controllo dei costi con l’ottimizzazione dell’offerta, il cost per seat con le tariffe base senza bagaglio, il load factor con un brand attraente: perché il consumatore si è ormai abituato a prezzi più bassi, quindi cercherà anche una compagnia che gli dà un po’ di qualità in più.
Stessa soluzione, infatti, si prospetta tra charter e linea, due settori della stessa area le cui linee di demarcazione sono sempre meno nette, grazie anche allo scossone che proprio le low cost hanno dato negli ultimi anni, sul corto raggio come sul long haul. Non a caso gli esempi migliori vengono proprio da alcune compagnie sul lungo raggio low cost (Joon, Eurowings e Level) che sono entrate in un mercato nuovo proponendo un mix tra marketing aggressivo e targettizzato, il know how di una compagnia classica alle spalle, pricing molto dinamico e aerei che consumano sempre meno (vedi i nuovi Airbus 321neo). Chi come easyJet, invece, non ha fatto il salto verso il lungo raggio ha stipulato accordi con Norwegian e altre compagnie per estendere un low cost a livello globale dall’hub di Londra Gatwick.
Sta a Ryanair, quindi, interpretare questo cambiamento, modellando la sua strategia iper-funzionale a un mercato più ostile e attento ai dettagli che non vive più di solo prezzo. Una specie di upgrade verso il middle cost che per ora il management di Ryanair non ha fatto sapere di voler intraprendere. Anche perché ogni plus ha il suo costo che la linea aerea irlandese prima o poi dovrà pagare, a partire dagli aumenti salariali promessi in queste ore da O’Leary ai piloti[1].
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