Da un lato il boom della domanda aerea che ha già superato i livelli pre pandemia del 2019, dall’altro il deficit dell’offerta. È su questa paradossale contraddizione in termini che il trasporto aereo mondiale si giocherà la sua prossima stagione estiva.
Le prime stime della Iata sull’andamento del 2024 parlano chiaro: a fine anno si toccheranno i 4,7 miliardi di passeggeri trasportati rispetto ai 4,5 miliardi del 2019, ma per il periodo di picco di questa estate le compagnie aeree disporranno del 19% in meno di aeromobili, sia per le dismissioni temporanee dovute al Covid, sia per le mancate consegne a causa delle crescenti difficoltà incontrate dai due maggiori costruttori, Boeing e Airbus, a far fronte alle richieste.
Senza considerare le recenti e gravissime grane tecnico-operative che hanno riguardato alcuni modelli di aeromobili, primo fra tutti il 737 Max di Boeing, la cui produzione è stata limitata da un durissimo provvedimento delle autorità di controllo americane.
Ma la Iata si è anche affrettata a precisare che le sue stime sono state forzatamente calcolate al ribasso perché, nonostante il boom della domanda aerea, ancora non si è potuto raggiungere quel 9-10% annuo di crescita che era stato pronosticato due anni fa, sullo slancio di una ripresa del traffico, insperata e inaspettata.
Tra le macro regioni che soffriranno maggiormente di questa contrazione nell’offerta aerea viene indicata l’Europa, dove, secondo gli analisti, si verificherà anche un’impennata nelle tariffe, che sarà ben difficilmente controllabile dagli stessi governi nazionali. Non a caso, oltre alle compagnie di linea, sia Ryanair che Wizz Air, tra i maggiori player nel segmento low cost, hanno già preallertato i mercati circa un ridimensionamento nelle rotte e, di conseguenza, un inevitabile rialzo nei costi dei biglietti.