Da undici giorni in apnea. Dall’incendio che ha ridotto le funzionalità dell’aeroporto al blackout che ha tolto acqua e luce alla città, Catania vive senza respirare, complici temperature impossibili.
Tutto parte dalla notte del 16 luglio, quando il rogo divampato nel Terminal A di Fontanarossa ha aperto una profonda crisi in piena estate, mandando in tilt uno degli asset più importanti dell’isola, il turismo. Il piccolo terminal C è tornato subito in funzione, ma tra viaggiatori sballottati da uno scalo all’altro e milioni di euro in fumo – è il caso di dirlo – la Sicilia ha riscoperto tutti i limiti di trasporti e viabilità, ironia della sorte proprio ora che l’argomento più gettonato è il famoso Ponte sullo Stretto, cavallo di battaglia di Matteo Salvini. «L’obiettivo è il ripristino dello scalo al 90% la prossima settimana», ha garantito ieri il ministro dei Trasporti, facendo eco al governatore, Renato Schifani, che ha parlato di «ritorno alla piena operatività ad agosto». Quindi ormai ci siamo.
Ma perché – si chiede il Corriere della Sera – tutto questo tempo per rimettere in moto quello che è il sesto aeroporto d’Italia e crocevia fondamentale per la Sicilia? Nel bailamme di voci anche quelle relative a possibili polveri pericolose sprigionate dall’incendio. Ma restiamo ai fatti: fino all’1.59 di notte del 31 luglio è previsto un numero massimo di cinque arrivi per ora e altrettante partenze, quando in condizioni normali ce ne sono 21. E va ricordato che tutto il traffico extra Schengen, Regno Unito e Nord Africa, è off limits: le stime riferiscono di 10.000 mancati sbarchi tra il 16 e il 26 luglio, senza contare americani e canadesi in transito a Londra Heathrow che non sono riusciti ad arrivare in Sicilia. L’intera infrastruttura di Fontanarossa corre su fibra ottica, compresa quella per il check-in, è ancora fuori uso e i passeggeri che riescono ad atterrare devono riprendersi i bagagli appena sbarcati perché i nastri di consegna non sono stati riattivati.
Per quanto riguarda poi i collegamenti con gli altri scali dell’isola, basti pensare che per raggiungere Palermo da Catania ci vogliono cinque ore di treno, tempo che aumenta per andare da Trapani al capoluogo etneo in bus. Si era ipotizzato anche l’uso della base Nato di Sigonella, dove però non si può fare il check-in e trasportare i bagagli. Quindi i passeggeri devono comunque ritirare le carte d’imbarco a Catania, salire sui pullman per Sigonella con le valigie e imbarcarsi. Non proprio semplice, insomma.
Al di là di tutto, quello che risulta chiaro è che «decine di imprese e migliaia di persone stanno subendo enormi danni e disagi a causa delle emergenze che hanno colpito in questi giorni tutta la provincia etnea — denuncia sempre al Corsera il presidente di Confindustria Catania, Angelo Di Martino — Chiediamo subito interventi drastici per risollevare il sistema produttivo e la popolazione. Serve il sostegno dello Stato e il rafforzamento degli interventi della Protezione civile». Un grido di dolore lanciato, nei giorni scorsi, dagli operatori turistici dell’isola anche sulle colonne de L’Agenzia di Viaggi Magazine. Intanto, a Roma, il ministro del Turismo Daniela Santanchè ha proposta in Consiglio dei ministri lo stanziamento di 10 milioni di euro per risarcire quantomeno i turisti penalizzati dagli incendi in Sicilia.