by Fabrizio Condò | 27 Luglio 2023 11:41
Da undici giorni in apnea. Dall’incendio che ha ridotto le funzionalità dell’aeroporto al blackout che ha tolto acqua e luce alla città, Catania vive senza respirare, complici temperature impossibili.
Tutto parte dalla notte del 16 luglio, quando il rogo divampato nel Terminal A di Fontanarossa[1] ha aperto una profonda crisi in piena estate, mandando in tilt uno degli asset più importanti dell’isola, il turismo. Il piccolo terminal C è tornato subito in funzione, ma tra viaggiatori sballottati da uno scalo all’altro e milioni di euro in fumo – è il caso di dirlo – la Sicilia ha riscoperto tutti i limiti di trasporti e viabilità, ironia della sorte proprio ora che l’argomento più gettonato è il famoso Ponte sullo Stretto[2], cavallo di battaglia di Matteo Salvini. «L’obiettivo è il ripristino dello scalo al 90% la prossima settimana», ha garantito ieri il ministro dei Trasporti, facendo eco al governatore, Renato Schifani[3], che ha parlato di «ritorno alla piena operatività ad agosto». Quindi ormai ci siamo.
Ma perché – si chiede il Corriere della Sera – tutto questo tempo per rimettere in moto quello che è il sesto aeroporto d’Italia e crocevia fondamentale per la Sicilia? Nel bailamme di voci anche quelle relative a possibili polveri pericolose sprigionate dall’incendio. Ma restiamo ai fatti: fino all’1.59 di notte del 31 luglio è previsto un numero massimo di cinque arrivi per ora e altrettante partenze, quando in condizioni normali ce ne sono 21. E va ricordato che tutto il traffico extra Schengen, Regno Unito e Nord Africa, è off limits: le stime riferiscono di 10.000 mancati sbarchi tra il 16 e il 26 luglio, senza contare americani e canadesi in transito a Londra Heathrow che non sono riusciti ad arrivare in Sicilia. L’intera infrastruttura di Fontanarossa corre su fibra ottica, compresa quella per il check-in, è ancora fuori uso e i passeggeri che riescono ad atterrare devono riprendersi i bagagli appena sbarcati perché i nastri di consegna non sono stati riattivati.
Per quanto riguarda poi i collegamenti con gli altri scali dell’isola[4], basti pensare che per raggiungere Palermo[5] da Catania ci vogliono cinque ore di treno, tempo che aumenta per andare da Trapani al capoluogo etneo in bus. Si era ipotizzato anche l’uso della base Nato di Sigonella[6], dove però non si può fare il check-in e trasportare i bagagli. Quindi i passeggeri devono comunque ritirare le carte d’imbarco a Catania, salire sui pullman per Sigonella con le valigie e imbarcarsi. Non proprio semplice, insomma.
Al di là di tutto, quello che risulta chiaro è che «decine di imprese e migliaia di persone stanno subendo enormi danni e disagi a causa delle emergenze che hanno colpito in questi giorni tutta la provincia etnea — denuncia sempre al Corsera il presidente di Confindustria Catania, Angelo Di Martino — Chiediamo subito interventi drastici per risollevare il sistema produttivo e la popolazione. Serve il sostegno dello Stato e il rafforzamento degli interventi della Protezione civile». Un grido di dolore lanciato, nei giorni scorsi, dagli operatori turistici dell’isola anche sulle colonne de L’Agenzia di Viaggi Magazine[7]. Intanto, a Roma, il ministro del Turismo Daniela Santanchè ha proposta in Consiglio dei ministri lo stanziamento di 10 milioni di euro[8] per risarcire quantomeno i turisti penalizzati dagli incendi in Sicilia.
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