Da Bruxelles alla Turchia, ancora una volta i viaggiatori finiscono nel mirino dei terroristi. Eppure, nonostante alcuni Paesi abbiamo registrato dei crolli, il numero dei turisti continua a crescere. Cosa vuol dire?
«La gente non smetterà mai di viaggiare. Fa parte della nostra cultura, della voglia di conoscere, è la nostra vera rivoluzione. Lo confermano anche i dati che parlano di un aumento del 4,4% in un settore che incide per il 10% sul Pil mondiale. Per questo credo che i terroristi non riusciranno a raggiungere il loro obiettivo, perché oggi i turisti sono più informati, più preparati e non si faranno intimidire».
Loro no, ma forse i governi dovrebbero fornire delle risposte…
«Di sicuro bisogna imparare a collaborare. Deve passare il principio che se un attentato si verifica a Tunisi o in un altro posto del mondo, il problema non è del singolo paese, ma del mondo intero. Bisogna cooperare tutti insieme per riuscire a trovare soluzioni comuni. I nuovi dispositivi tecnologici, in questo senso, possono fornire un aiuto prezioso».
Più tecnologia, dunque. Tanto sul fronte sicurezza, quanto nella promozione. Non fa altro che ripeterlo.
«Proprio così. La forza di ogni destinazione è quella di imparare a distinguersi, creare una identità digitale precisa. Lo vede questo piccolo oggetto? (indicando lo smartphone che tira fuori dalla giacca, ndr) Ha cambiato in pochi anni le nostre vite. Grazie alla tecnologia oggi i consumatori, i cittadini sono molto più importanti, forti e potenti rispetto ai loro governanti e alle aziende internazionali, possono far sentire la loro voce. In questo senso il digitale offre numerosi strumenti che permettono alle varie destinazioni di “raccontarsi” e di attirare così i turisti. Un territorio dovrebbe promuoversi partendo dalle sue leggende e le storie di milioni di anni fa e, dopo, far sì che i viaggiatori poi le scoprano dal vivo una volta che sono lì e le reinventino. È un’opportunità importante che non va sottovalutata».
Guardando al futuro, come immagina questo settore?
«Ancora più dinamico. Ma anche attento all’ambiente. Le previsioni internazionali ci dicono che fino al 2030 avremo 1,8 miliardi di viaggiatori internazionali. La gente continuerà a muoversi perché viaggiare non è un lusso, ma un diritto umano. Il diritto di godere delle bellezze del mondo, di rilassarsi, di conoscere, di studiare. Il turismo, quello vero, vuol dire persone che incontrano altre persone».
In questo scenario, qual è il ruolo dell’Unwto?
«La nostra sfida è quella di riuscire a seguire questa crescita e soprattutto anticipare in qualche modo il suo impatto. In questo senso il nostro core business è creare un mondo che diventi davvero un posto migliore».